Termovalorizzatore e biodigestori: le ragioni del no e le alternative

Termovalorizzatore e biodigestori: le ragioni del no e le alternative

Castelli Romani – Italia Nostra, Associazione Nazionale per la tutela del patrimonio storico, artistico e naturale, ha organizzato un webinar, nella giornata di venerdì 1 Luglio, per spiegare quali sarebbero i rischi a cui si andrebbe incontro con l’installazione di un termovalorizzatore per gestire l’emergenza dei rifiuti romani.

Nella narrazione corrente, grazie anche all’influenza di importanti canali di comunicazione, sembrerebbe che l’incenerimento sia la soluzione ottimale per il problema della gestione dei rifiuti. In realtà, il ricorso al termovalorizzatore, come quello previsto all’estrema periferia di Roma (località S. Palomba), al confine con i Castelli Romani, presenta gravi e molteplici problemi in termini di impatto ambientale: polveri sottili, deturpazione paesaggistica, gestione delle scorie, ricadute sulla salute pubblica. Non ultimo, del quale si sente parlare poco, è l’enorme fabbisogno idrico che con le condizioni in cui versano le falde dei colli Albani ed oltre, è assolutamente incompatibile ed insostenibile.

Case di riposo Villa Il Sogno e Villa Serena


Non mancano gli interrogativi dal punto di vista economico. La linea che l’Europa segue per la gestione dei rifiuti non comprende l’incenerimento. Di conseguenza i termovalorizzatori non possono essere finanziati con i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Anche il ricorso ai biodigestori non sarebbe una soluzione priva di impatto. Esistono valide alternative che sono ancora trascurate dal potere politico ed economico. Di tali problematiche hanno parlato Marco Cacciatore, presidente X Commissione Rifiuti della regione Lazio, Giovanni Damiani, vicepresidente nazionale di Italia Nostra, biologo, presidente GUFI, Gianni Tamino, professore emerito di biologia presso l’Università di Padova e già europarlamentare, Fabio Musmeci, ricercatore e presidente associazione Compostaggio. L’evento è stato curato da Enrico Del Vescovo, Presidente di Italia Nostra Castelli Romani.

Marco Cacciatore è intervenuto per evidenziare le problematiche legate all’iter amministrativo dell’impianto e le questioni relative ai dati economici e finanziari.
“Io credo che sia errato definirlo un termovalorizzatore ed è semplice intuirne il motivo. L’impianto recupera due tipi di energia: il 30% è energia elettrica che viene messa in rete, ma ben il 60% è invece energia termica, che può essere solo inserita subito in infrastrutture di teleriscaldamento. È chiaro che ha bisogno di una continuità di impiego, ovvero delle case che utilizzano sistemi di riscaldamento o raffrescamento 12 mesi l’anno per 24 ore al giorno. Cosa succederebbe se fosse installato a Roma il termovalorizzatore? Nei 7 mesi in cui non abbiamo bisogno di riscaldamento o raffrescamento, tutta l’energia termica andrebbe dispersa. E non rappresenta solo uno spreco energetico, diventa anche una questione di incentivi. Quell’energia non può essere venduta e crea quindi un ammanco nella spesa utile per l’acquisto dell’impianto, con un costo vicino ai 700 milioni di euro, che verosimilmente dovrà essere sostenuto dai cittadini”.

Il professor Gianni Tamino si è espresso sulle dinamiche scientifiche legate all’azione del termovalorizzatore e sulle regole di un’economia circolare che prevede la valorizzazione e il recupero della materia, non la sua trasformazione attraverso la combustione.
“A livello europeo, e quindi anche a livello nazionale, la gerarchia sulla gestione dei rifiuti ha un ordine ben delineato: riduzione, riutilizzo, riciclaggio.
Ridurre la produzione procapite di rifiuti, sostituire i beni che non possono essere riutilizzati e scegliere quelli che possono essere riciclati.
Tutto ciò dovrebbe essere chiaro anche a chi decide su cosa destinare gli incentivi fiscali e gli investimenti.
L’inceneritore trasforma i rifiuti, gran parte riciclabili, in polveri, ceneri e scorie. Ogni tonnellata incenerita, viene trasformata in migliaia di diversi composti chimici che vanno a finire nei fumi. Enormi quantità di biossido e monossido di carbonio, di ossidi di azoto e di zolfo, poi metalli pesanti e diossine. Tutto ciò è estremamente dannoso per la nostra salute e per quella dell’ambiente. Inoltre, dal 25% al 30% di ciò che bruciamo rimarrà sotto forma di materiale tossico che va comunque trattato nelle discariche, smentendo chi dice che gli inceneritori sono in grado di eliminarle.
Per sviluppare una vera economia circolare, in grado di sostenersi da sola, è fondamentale concentrarsi sulla riduzione, sul riutilizzo e sul riciclaggio. Senza prevedere combustioni.”

Giovanni Damiani si è concentrato con il suo intervento sull’analisi dell’amministrazione energetica.
“Oggi i temi su cui dobbiamo focalizzarci sono l’amministrazione dell’energia e della materia. Noi abbiamo amministrato l’energia puntando sulla pirotecnica e l’industria pesante, mettendo in crisi l’intero pianeta. Per quanto riguarda la materia, abbiamo utilizzato il metodo “usa e getta” e persino l’obsolescenza programmata. Il paradigma va completamente ribaltato. L’utilizzo dell’energia in natura è orientato sul creare ordine ed ecosistemi, la combustione, viceversa, è la fine immediata. Una morte termica che, tra l’altro, è inquinante.
É fondamentale educare le persone, informarle su questi temi. Nessun provvedimento avrà mai successo se i cittadini vengono trattati come ricettore di ordini non in grado di capire e partecipare”.

Le parole di Fabio Musmeci sono state utili ad evidenziare le possibili alternative e soluzioni per la gestione dei rifiuti.
“Bisognerebbe recuperare al massimo l’adeguato andamento dei flussi biologici e abbandonare la dinamica che comprende un solo utilizzo dei beni. È fondamentale tenere sempre a mente la piramide rovesciata proposta dall’Unione Europea che prevede la prevenzione, il riuso, il riciclo e il recupero. Soltanto alla fine pensare allo smaltimento.
Il processo di compostaggio rappresenta un’opportunità: al rifiuto umido viene aggiunto materiale strutturante. La prima fase è di ossidazione che aumenta la temperatura e igienizza il materiale, la seconda fase è di maturazione e si produce il compost, un ammendante agricolo.
Abbiamo l’ambizione di difendere il compostaggio a piccola scala, di sostenere i comuni e i cittadini che hanno atteggiamenti virtuosi con tecniche semplici ma molto efficaci”.
Alessio Gravina

Last Updated on 28 Luglio 2022 by Redazione 2

Redazione 2

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