Venticinque anni senza Battisti

Venticinque anni senza Battisti

Attraverso l’esperienza e la preparazione di Simone Galassi, musicista dei Castelli Romani, ripercorriamo una delle storie più importanti della musica italiana

Il 9 Settembre scorso sono passati venticinque anni dalla morte di Lucio Battisti, scomparso a Milano all’età di 55 anni. Oltre al mistero che ancora resta sulla sua scomparsa, in questo articolo vogliamo scoprire, attraverso le sensazioni di chi la musica di Battisti la suona in prima persona, aspetti che possano aiutarci a comprendere uno degli autori più importanti e innovativi della musica italiana. Venticinque anni senza di lui, per i suoi fans sono tanti e del suo genio artistico si sente la mancanza.

Su di lui è stato scritto di tutto e ormai, tutto si sa o almeno, si crede di sapere. Ma è difficile capire l’indole di persone che, con la loro arte, riescono ad accarezzare l’anima e il cuore di chi li apprezza. Non credo che esista qualcuno che non riesca ad identificarsi almeno con una sola canzone di Battisti” ci dice Simone Galassi, musicista e profondo conoscitore di Battisti e della musica in genere che, con la sua band Battiti, si dedica esclusivamente alla musica di Lucio. Una band, non l’unica di Galassi, nata proprio dalla passione per questo cantautore e dalla possibilità di reinterpretare le canzoni che la struttura dei brani offre.

Come musicista amo suonare tutta la musica, dal Jazz/blues al pop straniero e, soprattutto, italiano. La scuola cantautorale italiana ha delle colonne importanti e ovviamente, Battisti ne fa parte senza alcun minimo dubbio, ma suonare i suoi brani significa avere un appuntamento con la propria anima, i propri pensieri e ricordi. Significa anche però, dal punto di vista artistico, fare un viaggio musicale”. Un viaggio osserva Simone Galassi che attraversa “brani semplici come La canzone del sole, Balla Linda a brani stilisticamente più elaborati come Prendila così, I giardini di Marzo, Si Viaggiare, E penso a te e tanti altri ancora. Tutti brani che proprio per la loro concezione, sono suscettibili di interessanti reinterpretazioni artistiche, stilistiche ed interpretative. Aver creato anche una band acustica dedicata proprio al duo Battisti-Mogol (Giulio Rapetti), ha portato ad avvicinarmi ancora di più a quelli che sono i percorsi emotivi dei brani di questi fantastici autori, sia dal punto di vista del contenuto che delle strutture e armonie musicali. Ogni brano di Battisti ha una sua identità precisa che va mantenuta, anche quando si è portati, soprattutto per chi come me ha una estrazione jazzistica, a reinterpretare”.

Quanto è difficile misurarsi con colossi come i nomi che hai citato?

Un lavoro del genere lo puoi fare solo con certi musicisti, con i quali riesci a condividere emotività profonde ed hanno una preparazione artistica di spessore ed in linea con le proprie aspettative. Con musicisti come Gian Luca Sali al basso, con le sue capacità e conoscenze musicali e insieme alla voce la raffinata e sensibile Chiara Sorbo, con la quale, in realtà, ho diversi progetti jazz, blues e cantautoriali, come anche i suoi inediti ed il suo progetto “Dodecaedro”, tutto divenata semplice e naturale.

Ripercorriamo insieme gli esordi di questo cantautore straordinario?

Dopo aver esordito nel 1966 a Sanremo come interprete con il brano Adesso sì di Sergio Endrigo, nel 1967 esce il brano di tendenza psichedelica 29 Settembre suonata dall’ Equipe 84, ormai un classico della musica leggera italiana. Sempre in quell’anno, da solista, Lucio scrive brani di tendenza Rhythm & Blues e, addirittura, medievale.

Come inizia il rapporto con Mogol?

Mogol ha dovuto lavorare moltissimo per convincere sia la casa discografica Ricordi e soprattutto Battisti a proporsi non solo come autore ma anche come solista perché, come più volte rilasciato nelle interviste: “i provini fatti da lui erano migliori e più coinvolgenti delle interpretazioni degli altri cantanti e gruppi. Ma Lucio era timido e non sicuro delle sue doti vocali. Caratterizzate, invece da un forte indole interpretativa”. Inoltre, in loro, c’era una voglia di sperimentare nuovi elementi che, musicalmente, erano già costantemente presenti nella musica inglese ed americana.

Intanto la carriera di Battisti prosegue costellata di successi e innovazione.

L’anno dopo esce Prigioniero del Mondo e Balla Linda, una canzone questa che risultava già “sperimentale” per i canoni di allora. Il brano, infatti, non rispetta la struttura tipica delle canzoni: verso, verso, ritornello, verso, ma, inizia direttamente dal ritornello. Un po’ come già, all’epoca, molte canzoni dei Beatles.  In Battisti c’era già la voglia di sperimentare e di attingere dall’Inghilterra. L’anno prima, infatti, entrambi (nda Battisti e Mogol) andarono a Londra, dove incontrarono Bob Dylan, ma, soprattutto, Battisti venne avvicinato dai produttori dei Beatles attraverso Paul McCartney (estimatore della musica di Battisti).

E da questo incontro cosa nasce?

Nulla. Loro erano pronti a investire su di lui per lanciarlo nel mercato americano, ma Battisti rinunciò perché gli pareva eccessivo che i produttori si tenessero il 25%.

Una rinuncia che non gli precluse di continuare la sua scalata al trono della musica italiana e internazionale.

No, con Balla Linda partecipò al Cantagiro 1968, classificandosi quartoed entrò, per la prima volta con una canzone da lui interpretata, in hit parade; con una versione in inglese intitolata Bella Linda ed eseguita dai The Grass Roots. Ottenne un notevole successo anche negli Stati Uniti, piazzandosi al numero 28 della classifica di Billboard, per poi ottenere risonanza internazionale.

Il 24 ottobredello stesso anno pubblicò un altro 45 giri, composto da La mia canzone per Maria, pezzo dalle ritmiche esotiche, e da Io vivrò (senza te), brano dai ricercati arrangiamenti ed emotivamente intenso.

E poi il ritorno al Festival della Canzone Italiana

Si, la partecipazione che si rivelò poi decisa. L’anno seguente, il 1969, Battisti partecipa per la seconda ed ultima volta al Festival della canzone italiana di Sanremo con la canzone Un’avventura. La canzone, scritta con Mogol, si classificò nona ma la partecipazione al Festival gli fece finalmente ottenere notorietà sia come autore che come cantautore.

E siamo al viaggio negli USA che divenne anche quello un nuovo spartiacque nella storia di Battisti

Verso la metà degli anni Settanta, all’apice del successo, Battisti fece un viaggio negli USA con Mogol. Qui, oltre a qualche concerto, apprende le novità musicali ancora assenti in Italia e ne resta affascinato. Intanto la RCA gli propone di comporre i suoi brani più famosi in lingua inglese ricevendo però un rifiuto. Il viaggio negli States lo ispirò per il brano Ancora tu, inizialmente offerto a Mina. Una canzone che, rispetto a quelli precedenti, presenta toni simili alla disco music: una scelta pretenziosa, dato che in Italia non era popolare come genere.

Iniziano gli anni 80: la fine della storica collaborazione con Mogol, il rifiuto a Lucio Dalla e il sodalizio con Panella

Nel febbraio 1980: viene pubblicato l’album Una giornata uggiosa contenente il brano Con il nastro rosa. Questo sarà uno dei momenti fondamentali della carriera di Battisti poiché segna la fine del sodalizio con Mogol.

Tra il 1980 e 1982, dopo aver rifiutato anche una collaborazione con Lucio Dalla inizia il sodalizio con Pasquale Panella, e nel marzo del 1986 torna sul mercato discografico con il primo album frutto di questa nuova collaborazione, Don Giovanni, anch’esso inciso fra Roma e Londra, tra l’estate e inizio autunno 1985.

Quali le novità segnate dalla collaborazione con Panella?

Gli arrangiamenti risultano meno elettronici rispetto a E già, nel quale l’autore si cimenta nella new wave, ne deriva una fusione tra le nuove sonorità elettroniche e quelle più tradizionali con le melodie definite che ben distinguevano il primo periodo del musicista: infatti Battisti reintroduce chitarrepianoforteviolinoottoni e inserisce perfino l’arpa, e lo stesso Panella rivelerà di aver scritto le liriche su melodie ancora canoniche nella forma, con tanto di strofa e inciso.

Simone volevamo concentrarci solo su alcuni aspetti, ma sembra difficile racchiudere una storia così importante in poche righe. E’ assolutamente impossibile, ma credo che già da qui un “non addetto ai lavori”, ma semplice ascoltatore, può riuscire a capire perché i brani di Battisti, erano già precursori di certi suoni, di strutture armoniche originali ed accattivanti e di scelte ritmiche interessanti. E’ proprio questo che rende i brani di Battisti e Mogol “divertenti” da suonare per noi artisti. La loro modernita’ sta anche nel fatto di riuscire a lasciare spazio a chi li suona, nel riuscire a trovare, nei loro arrangiamenti, il mondo con tutti i suoi suoni, i vari progressi e cambiamenti. Le sonorità elettroniche, la psichedelia, il Progressive, il jazz Rock, il Pop, la classica, il Funk, il Blues, Dance, Hip Hop, Techno, il Latin (fece diversi viaggi anche in Argentina e Brasile, dai quali, nel 1974, nasce il brano Anima Latina) il tutto mescolato a testi onirici ispirati a fatti veri, vicini ad ognuno di noi ed in grado, quasi come un dipinto, di materializzare le emotività ed i pensieri del nostro animo.

Possiamo dire che Battisti ha sempre cantato l’amore?

Se nel sodalizio con Mogol i brani avevano una matrice più legata all’amore, in tutte le sue sfaccettature, anche le meno banali e convenzionali, nel sodalizio con Panella la concezione poetico-letteraria di Battisti cambia completamente: abbandona una volta per tutte la giocosa ma intelligente semplicità che caratterizzava i testi di Mogol, per approdare in una complessità ermetica che spiazza completamente gli ascoltatori. Il tema principale rimane l’amore, ma stavolta esso è intriso di spiritualità, filosofia, storia e citazioni esoteriche.

Simone, scegli un brano su tutti che racchiude la straordinarietà di Battisti

Senza andare in brani ricercati e poco conosciuti, mi viene in mente ‘Prendila così per il suo arrangiamento: un intro lunghissimo, un basso ostinato su una unica nota con una sequenza di accordi discendenti; una struttura armonica semplice, ma che rispetta una cadenza al jazz molto familiare su dei suoni naturali e non invadenti; infine, un solo di sax ed una coda altrettanto lunga quasi ad intendere che l’amore tra i due protagonisti del brano, non voglia terminare. La musica ci mette ad arrivare al cuore, ma sembra creare colonna sonora del momento che si sta descrivendo e lasciare, all’ascoltatore, tutto il tempo di entrare dentro l’emotività del brano diventando lui stesso protagonista. La delicatezza della musica non impone nulla, ma sembra lasciare lo spazio ai pensieri e ai ricordi per volare e all’ascoltare il tempo di vivere le sue emozioni. E’ questo il ‘superandi’ di Lucio Battisti che lo ha reso unico. E lo è ancora oggi a venticinque anni dalla sua scomparsa.

di Emanuele Scigliuzzo

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Last Updated on 18 Settembre 2023 by Autore M

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