Pino Daniele, un vero blues man

Pino Daniele, un vero blues man

Ci ha lasciati nel 2015 il cantautore napoletano che con il suo stile e le sue capacità ha rivoluzionato il mondo della musica italiana

di Simone Galassi

Pino Daniele è senza ombra di dubbio, uno degli artisti più amati della musica italiana, uno di quelli che ci hanno lasciato troppo presto, orfani della loro arte. Era il 4 Gennaio 2015 quando l’artista di fama internazionale si spense nella sua casa di Orbetello, all’età di sessanta anni.

Giuseppe Daniele, detto “Pinotto”, era il primogenito di sei figli, appassionato alla musica fin da piccolo, impara a suonare la chitarra da autodidatta.

Suo il merito di rivoluzionare la musica napoletana quando questa attraversava un periodo storico di crisi profonda, ma anche di segnare l’inizio di un proficuo dialogo tra musica italiana e internazionale. La carica creativa di Pino Daniele era sviluppatissima, si sà, ma era anche, oltretutto, alimentata dal suo costante interesse alle sonorità tipiche di ogni stile musicale. Di fatto, Pop, Blues, Jazz, Latin, Afro e Rap, riescono sempre a trovare uno spazio nella sua vita artistica.

È facile immedesimarsi nell’atmosfera intima e ricercata della sua musica dalla quale traspare immediatamente l’amore per la sua città.

La consacrazione definitiva arriva nel 1977 con Terra mia che lo porta definitivamente al successo popolare. Napul’èCe sta chi ce penzaChe calore: tutti successi che scandiscono una carriera frutto di uno studio attento delle percussioni e delle iconiche tarantelle che rimangono facilmente in testa per non andarsene più. La passione per il jazz e il blues, però, in Pino restano un marchio di fabbrica e l’album Pino Daniele del 1979 ne è l’esempio più fulgido: nasce il «neapolitan power», con tutta la sua energia e i suoi suoni e colori.

Tutte queste sfumature lo rendono unico nel suo genere, capace di contaminare il sound più classico con gli antichi suoni del Mediterraneo, le «tamurriate» e una malinconia di fondo; anche il dialetto si armonizza con il blues e l’inglese: i colori freddi del Nord si fondono con quelli caldi del Sud. Canzoni come Ue man!I say i’ sto ccà e Yes I know my way ne sono una piccola testimonianza.

Pino Daniele, era un leader capace di saper indirizzare al meglio i numerosi artisti che collaborarono con lui. Tra le più significative è doveroso elencare: nel 1991 Claudio Baglioni per la stesura del brano Io dal mare e Loredana Bertè come autore, arrangiatore e produttore dei brani In questa città e Io non ho dell’album Best; nel 1993 Vasco Rossi lo chiama come chitarra solita e backing vocals per il brano Hai ragione tu del disco Gli spari sopra; nel 1995 scrive per Irene Grandi e Fabio Concato; nel 1997 inizia una collaborazione con Giorgia per l’arrangiamento del brano Mangio troppa cioccolata epiù avanti, duetteranno nel brano Vento di passione; nel 2009 duetta con Ornella Vanoni nel brano Anima; nel 2012 con Biagio Antonacci per il brano One day e traccia dell’album di Antonacci Sapessi dire di no; negli anni Novanta collabora e produce artisti come Joe Barbieri, Enzo Avitabile, Tullio de Piscopo, James Senese, Gino Vannelli. Ma indimenticabili sono anche le collaborazioni con Lucio Dalla, Francesco De Gregori, Franco Battiato, Luca Carboni, Teresa De Sio, Peppino di Capri, Gino Paoli, Fiorella Mannoia, Almamegretta, J-Ax e Clementino.

Su tutte però, va ricordata quella con l’attore Massimo Troisi, al quale era legato anche da una profonda amicizia. Nel film Pensavo fosse amore invece era un calesse, conquista la sensibilità di tutti con il brano Quando. L’altra traccia, proveniente dallo stesso disco, è una di quelle a cui Pino Daniele è stato più legato. ‘O ssaje comme fa ‘o core, che proviene da una preziosa poesia scritta da Massimo Troisi nella quale traspare perfettamente la profonda sensibilità umana ed artistica di entrambi.

Pino Daniele vanta anche collaborazioni con il gotha del Jazz mondiale Pat Metheny, Ralph Towner, Gato Barbieri (Apasionado), Eric Clapton, Robben Ford, Joe Bonamassa, Al Di Meola (The infinite desire), Peter Eskine (album Passi d’autore) Chick Corea (Sicily).

Un riferimento dunque per tutti i chitarristi moderni quale elegante improvvisatore con un fraseggio aperto, dinamico, percussivo e moderno. Il suo modo di suonare è assolutamente “contaminato” ed originale, sia nelle sonorità crunch che clean. I suoi fraseggi non seguono i pattern scolastici tipici di uno stile, ma sono il risultato di un gusto raffinato ed alimentato dalle sue numerose ricerche e collaborazioni.

Anche gli attacchi e il timing sono sempre caratterizzati dal gusto personale. A renderlo ancora più grande, nonostante la sua maestria chitarristica, sono i suoi brani che non sono mai un mezzo per esibizioni di assoli, ma l’effetto dei suoi soli. Pino Daniele è dunque un vero Blues man.

A me me piace ‘o blues“, da sua stessa ammissione, è una sorta di dichiarazione d’intenti nella quale si sottolinea anche il suo amore per il blues. Pino è cresciuto con un papà che gli ha fatto conoscere Glenn Miller, il boogie-woogie e la musica napoletana, mentre lui ascoltava Elvis Presley da un vicino che teneva tutti i suoi dischi e con un altro amico che gli proponeva la musica di Mario Merola e ‘O Zappatore. Si innamora anche del fraseggio della chitarra di George Benson. Quindi, dalla fusione di ‘O Zappatore e King Creole di Elvis, dall’eleganza del jazz e del blues, Pino Daniele ha fatto uscire qualcosa di unico.

In questo brano il cantante un po’ si sfoga, della sua ‘volgarità’ (era già uscita, ad esempio “Je so pazzo” con quel famoso “Nun ce scassate ‘o cazz'”), di com’è, della voglia di essere naturale (“Tengo ‘a cazzimma e faccio tutto quello che mi va, pecchè so’ blues e nun voglio cagnà'”). Pino riassume ciò che ama, la durezza che diventa morbida quando deve, chi non si ferma davanti a nulla (“A me me piace chi da ‘nfaccia senza ‘e se ferma’, chi è tuosto e po’ s’arape pecchè sape see’adda da’”).

L’autore napoletano riesce dunque a dare una valenza musicale alle sue canzoni le quali, si possono assolutamente considerare come vere e proprie poesie. Infatti, la loro attenta metrica costruttiva riesce a renderle adatte ad essere recitate o cantate anche a cappella.

Alle canzoni di Pino è stato dato anche una forte valenza letteraria ispirata ad una nuova napoletanità, a volte polemica, perché legata alla sofferenza e allo spirito di denuncia a volte, invece, più evasiva e romantica, orientata alla ricerca di una speranza di libertà più che ad un vero e proprio affrancamento.

Molteplici sono i temi trattati nelle sue canzoni: l’amore romantico o confuso, il rapporto complicato o mancato di una donna con il proprio padre (Gente distratta), la solitudine, il riscatto, il senso di abbandono, la rabbia e la denuncia sociale. Le sue parole diventano sempre più incisive grazie alla sua grande musicalità.

Le sue canzoni diventano così una sorta di dipinto ad olio in grado di creare dei solchi nel nostro cuore e nei nostri ricordi.

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Last Updated on 5 Gennaio 2024 by Autore P

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