Covid, oggi giornata in ricordo vittime. Mattarella: “Sfida vinta grazie allo sforzo di tutti”

Covid, oggi giornata in ricordo vittime. Mattarella: “Sfida vinta grazie allo sforzo di tutti”

(Adnkronos) – Quattro anni dopo le bare di Bergamo, oggi 18 marzo 2024, l'Italia torna a celebrare la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia di coronavirus. Una giornata che per il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella "richiama l’attenzione della nostra comunità sulla terribile prova affrontata in occasione della pandemia e costituisce occasione di vicinanza ai familiari dei tanti deceduti a causa della pervasiva diffusione del Covid–19". "Pagina dolorosa della storia recente del nostro Paese e del mondo intero, la crisi -ribadisce il Capo dello Stato- è suonata terribile esperienza delle sfide di fronte alle quali può trovarsi l’umanità e di come solo una risposta coordinata a livello globale sia stata in grado di farvi fronte, con l’accelerazione nella messa in opera delle più recenti scoperte della ricerca in cui protagonista è stata l’Unione europea". "La memoria collettiva ne è uscita segnata ed è giusto, tuttavia, ricordare come lo sforzo sinergico e solidale delle Istituzioni ad ogni livello, del personale sanitario, dei volontari e società civile, abbia consentito di arginare un nemico intangibile all’insegna di una rinascita globale. In questa Giornata la Repubblica -conclude Mattarella- commemora le vittime dell’epidemia e rinnova sentimenti di profondo cordoglio a tutti i familiari".    "La pandemia ha segnato la nostra storia recente, ha sconvolto le nostre vite, ma il popolo italiano ha trovato la forza di reagire. E lo ha fatto con umanità, solidarietà, unità e abnegazione. Questa è l'eredità più preziosa di quella crisi, che dobbiamo saper ricordare e che ci può insegnare ancora molto", afferma dal canto suo il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. "Più di quattro anni fa – ricorda il premier – la crisi sanitaria si è abbattuta sul mondo e la nostra Nazione ha pagato un prezzo particolarmente alto. Oggi onoriamo la memoria dei nostri connazionali che non ci sono più e ci stringiamo alle loro famiglie e ai loro cari. Il dolore per le tantissime vite perse è una ferita ancora aperta".  Il ministro della Salute Orazio Schillaci sottolinea come "oggi ricordiamo le persone che hanno perso la vita a causa del Covid. Un ricordo che non si esaurisce in questa Giornata" nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia di coronavirus, "ma portiamo con noi ogni giorno perché non dimentichiamo chi è deceduto a causa del virus e la sofferenza delle loro famiglie. E non dimentichiamo che tra le vittime della pandemia ci sono stati anche operatori sanitari. Non ringrazieremo mai abbastanza medici, infermieri, operatori sociosanitari, farmacisti e volontari che hanno lottato contro il virus e hanno assistito e curato i malati fino allo stremo delle forze". "Le immagini dei camion di Bergamo che" esattamente 4 anni fa "trasportavano bare – ricorda – hanno lasciato un segno indelebile e sono di continuo monito e sprone nelle attività che ci vedono impegnati".  Ciò che abbiamo vissuto 4 anni fa a causa del Covid, le vittime che non dobbiamo dimenticare, "devono essere un monito, perché le pandemie possono tornare e il sistema deve essere sempre pronto. Non si può ridurre il numero dei medici perché poi ne paghiamo, a caro prezzo, le conseguenze. Ricordiamoci che quelle vittime hanno scontato anche l'effetto di un sistema non perfettamente organizzato per affrontare l'emergenza pandemica", afferma all'Adnkronos Salute Filippo Anelli, presidente della Federazione degli Ordini dei medici e degli odontoiatri (Fnomceo). "Questo giorno – continua Anelli – è un'occasione di riflessione per tutti perché, purtroppo, ancora oggi non abbiamo la possibilità di prevedere una pandemia. Quello che abbiamo vissuto in Italia nella stagione pandemica ci ricorda quanto sia importante la prevenzione, l'adozione di strumenti che possono in qualsiasi momento aiutarci a gestire una malattia sconosciuta. L'obiettivo dei medici è sempre quello di mettere in piedi sistemi, modalità, prestazioni che possono ridurre il numero di vittime che una pandemia porta con sé. E questo è possibile soltanto potenziando la ricerca e utilizzandone i frutti".  Era la notte del 18 marzo 2020 e a Bergamo, nel silenzio attonito di una città divenuta epicentro della prima, tragica ondata di Covid, una fila interminabile di camion militari carichi di bare usciva dal Cimitero Monumentale. Sfilando nel deserto spettrale delle strade svuotate dal lockdown, il convoglio imboccava la circonvallazione direzione autostrada, per raggiungere le città italiane che in quei giorni drammatici accettarono di accogliere i defunti destinati alla cremazione. Gli impianti orobici non bastavano più, i morti erano troppi. Quattro anni dopo quelle immagini che hanno sconvolto il Paese, lunedì l'Italia torna a celebrare la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia di coronavirus.   "Le bare di Bergamo", dei morti di Covid che viaggiavano nel buio dentro i camion militari, "sono un'immagine che rimarrà indelebile nella nostra memoria". Nitida più che mai in quella della microbiologa Maria Rita Gismondo, tra i camici bianchi 'in trincea' nelle prime fasi dell'emergenza coronavirus, quando "in laboratorio si stava chiusi giorno e notte a processare campioni". Ora, "a distanza di 4 anni" da quella tragica notte, "dobbiamo superare quel momento di dolore e dobbiamo far sì di non dimenticarlo mai, perché si possa guardare oltre e non avvenga più". Perché "non si ripetano certi errori", dichiara l'esperta all'Adnkronos Salute. In migliaia di famiglie c'è stato "chi andava in ospedale con i propri piedi e veniva restituito dentro una teca, incenerito – ricorda la direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica, virologia e dia gnostica delle bioemergenze dell'ospedale Sacco di Milano – senza neanche un ultimo saluto, senza che i loro cari avessero la possibilità di elaborare il lutto. Un passaggio estremamente importante", tanto che chi non l'ha vissuto mostra "ancora oggi sindromi ansioso-depressive. Nessuno dovrà mai più sperimentare quella terribile esperienza, non dovranno mai più esserci lutti non elaborabili", è il monito di Gismondo. "Non dimentichiamo – ripete – e non facciamo più alcuni errori che sono stati commessi".  "Ricordiamo oggi le vittime del Covid che sono state quasi 200mila in Italia, dal 2020 ad oggi. Il Covid ci ha fulminati perché ci ha colpiti alle spalle. Ha fatto irruzione in un mondo dove nessuno parlava di malattie infettive. I professionisti della salute hanno compiuto qualcosa di straordinario, alzando giorno dopo giorno l'asticella dei loro limiti. Ma lo straordinario non deve diventare la regola", ammonisce l'infettivologo Matteo Bassetti, in un post sui social. "Solo così", lavorando affinché mai più ci si debba trovare impreparati, sottolinea il primario del Policlinico San Martino di Genova, "si potrà dare il giusto riscontro alle nostre rinunce e alle nostre fatiche. E la giusta commemorazione a chi ci ha lasciato, a chi è morto in questa guerra che ci ha levato troppo. Oggi il pensiero di tutti, nessuno escluso – avverte Bassetti – deve essere per quelli che non ce l'hanno fatta. Noi non vi dimenticheremo mai".  A quattro anni dai giorni più drammatici della pandemia "purtroppo l’effetto 'memoria corta' ha prevalso. Al momento, a tutti i livelli, non sono state messe in atto azioni efficaci che possano evitare che in futuro una simile tragedia si ripeta". Così all'Adnkronos Salute, dell'epidemiologo Pier Luigi Lopalco, docente di Igiene all'università del Salento. "Dovesse arrivare una nuova pandemia – e non sappiamo quando ma sicuramente arriverà – la risposta del Paese sarà la stessa con appena un po’ di organizzazione e di esperienza in più. Non un euro è stato fino ad oggi dedicato ai servizi di prevenzione", conclude Lopalco.   "Ricordare i numeri, quasi 200mila morti Covid in Italia dal 2020 ad oggi. Un numero impattante, come tre grandi stadi di calcio spazzati via in 4 anni. Certamente hanno pagato di gran lunga gli anziani e i fragili, ma all'inizio dell'emergenza anche i giovani hanno perso la vita. Secondo elemento da considerare sono i grandi passi avanti nel contrasto della malattia, si è riusciti a mettere insieme tutte le forze: la ricerca scientifica, le aziende, le istituzioni. La lotta al Covid è stato un esempio unico, neanche l'Aids è mai riuscito così in breve tempo ad avere una risposta con i vaccini e i farmaci", afferma all'Adnkronos Salute Massimo Andreoni, direttore scientifico della Simit, la Società italiana di malattie infettive e tropicali. "Il ricordo – sottolinea – va anche alla difficoltà di gestire nei primi mesi la situazione: dalla mancanza di posti letto in rianimazione ai dispositivi che non si trovavano. E poi, come non può non tornare alla mente il grande sacrificio del personale sanitario. Vedo che già ci siamo dimenticati tutto però", osserva Andreoni. Invece "in medicina alcune cose devono servire da lezione, altrimenti rischiamo di sperperare le conoscenze. La rete italiana di malattie infettive deve rimanere sempre attiva – ammonisce – è patrimonio da non sperperare: una nuova pandemia arriverà, queste patologie sono un problema di sanità pubblica e gestirle in reparti in esperti è l'arma vincente".   "Mi preoccupa molto il revisionismo e a volte un negazionismo su Covid, rispetto a una situazione che abbiamo tutti vissuto. Ma ricordiamoci della paura di quei giorni, ricordiamo i morti". Sono le parole del virologo dell'università Statale di Milano Fabrizio Pregliasco. Il giorno delle bare di Bergamo, che 4 anni fa venivano portate via sui camion militari. "Per certi versi – osserva Pregliasco all'Adnkronos Salute – è giusto che la resilienza, quella capacità dell'uomo di resistere alle avversità, porti a mettere in secondo piano le sofferenze patite, perché bisogna andare avanti. Credo però che ci si sia eccessivamente spostati verso una disattenzione alle problematiche di patologie infettive e anche che ci sia una sordida polemica, purtroppo, con dei coinvolgimenti non corretti della politica, e a evidenziare in modo negativo ciò che si è fatto". "Di sicuro – ragiona – a posteriori, come in tutte le nostre cose della vita, si può dire che questa o quella scelta avremmo dovuto farla diversamente. Il concetto del senno del poi è un classico. Ma ricordiamoci della paura di quei giorni – ripete – la paura che aveva ognuno di noi, operatore sanitario, medico, o quant'altro. Anche perché, poi, va ricordato che gran parte dei sanitari stessi avevano informazioni come quelle dei cittadini, attraverso i media. E sui media talvolta, nelle emergenze come su altri versanti, si inserisce una tifoseria, le informazioni sono spesso frammentarie, incomplete".  L'invito di Pregliasco è a non dimenticare. "Nell'emergenza, nella sanità pubblica, facciamo tesoro di quello che è successo. Ricordiamo i morti. Ieri – riferisce – ho partecipato a una commemorazione vicino a Rho, dove abito in provincia di Milano, a Pogliano Milanese. Qui una statua ricorda i caduti del Covid nella cittadina, sono stati 41". E ricordando quello che è successo "dobbiamo considerare anche che il Covid c'è – ammonisce – c'è ancora su piccoli numeri, rimarrà con noi con andamenti probabilmente ondulanti, come dico sempre. Ma non c'è solo questo. Ci sono tutta una serie di patologie di cui il nostro mondo in qualche modo deve far tesoro, per evitare che ritornino".     —[email protected] (Web Info)

Last Updated on 18 Marzo 2024 by Redazione

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