Ariccia – Vaccini, niente seconde dosi: medici disperati

Ariccia – Vaccini, niente seconde dosi: medici disperati

Ariccia – “Sono ormai giorni che desidererei fissare per iscritto alcune riflessioni sul mio lavoro di medico di medicina generale oggi ai tempi del Covid-19. Tutto ciò è però impossibile, il telefono squilla continuamente, a tutte le ore, anche il sabato, la domenica, sempre! I ritmi sono serrati e non c’è tempo, neanche per un pasto completo”.

“I pazienti necessitano di molte attenzioni e di molto tempo. Il telefono squilla continuamente e la tentazione di spegnerlo non c’è perché so, che dietro ogni telefonata vi è sofferenza, esasperazione e confusione, perturba zioni indotte dai vari bombardamenti mediatici sensazionalistici prima sulla pandemia e sul virus, ora, sulla crisi economica incombente e sugli effetti collaterali dei vaccini. Tali allarmi trovano terreno fertile su persone spesso poco informata e formata al concetto della salute pubblica, ma piuttosto privata. Mi passano in mente alcune considerazioni. Certamente una popolazione maggiormente consapevole dei propri diritti e dell’importanza che la salute e il diritto alla stessa ricoprono nel nostro ordinamento costituzionale non sarebbe permeabile al concetto utilitaristico e consumistico che ci viene propinato e che vede la salute bene dispensabile a seconda del PIL. Ma non ho tempo. Arrivano altre telefonate, tante, e spegnere questa macchinetta infernale vorrebbe dire eliminare quel contatto, pur flebile, che permette ai miei pazienti di sentirsi seguiti, non dei numeri, non dei rimborsi, non delle voci su di un cedolino. Spegnere il telefono sarebbe un oltraggio alla mia stessa professione, quella che anni fa ho scelto con l’entusiasmo della giovinezza e che per oltre trent’anni ho esercitato con il medesimo entusiasmo e nel pie no delle mie possibilità e capacità. Ma n on ho tempo neanche per pensare, il telefono squilla di nuovo. Una telefonata, un sms, un messaggio WhatsApp , una mail. Dall’altra parte persone spaventate, in difficoltà, incerte”.

“L’argomento sempre uno: il vaccino. Il vaccino quale? Il vaccino quando? Ma posso scegliere? Ho paura dottoressa non voglio farlo, ci sono stati morti! Io sono contrario ai vaccini! Io non lo farò! Ma il telefono squilla anche perché dall’altra parte del “filo” ci sono anche pazienti Covid positivi che necessitano di monitoraggio, ci sono pazienti preoccupati del contagio, altri che necessitano della messa in quarantena o in isolamento, ma anche di certificazioni per il rientro al lavoro, alla tanto agognata produttività. In tutto ciò i medici di medicina generale sono sostanzialmente soli, privi di un riscontro a livello dirigenziale delle strutture in cui operano, privi di indicazioni nell’applicazione di procedure e protocolli, quando esistenti, e persi nei meandri della burocraticizzazione della professione e dello stato di emergenza. Non va dimenticato che non sono scomparse le “vecchie” malattie, le persone continuano ad ammalarsi, a farsi male e quindi i pazienti cronici, i traumi, le patologie intestinali, tutto ciò che era normale e legittimo vedere in uno studio medico continua ad essere presente e a necessitare delle dovute attenzioni”.

“In tale situazione di sovraccarico il lavoro è sempre più difficile, ma sempre appagante, poiché riuscire a superare le difficoltà più disparate e nonostante tutto ad offrire una assistenza adeguata ed umana alle persone, ogni fatica ed ogni tristezza cessa. Ma c’è sempre il pensiero dell’emergenza, della pandemia, dei vaccini. Ah, i vaccini! Che ci sono, poi non ci sono, poi ce li inviano, poi dobbiamo ritirarli oppure ce li portano? in numero maggiore e minore al previsto ? Quando sono disponibili, e ve ne è la certezza, è necessario convocare i pazienti e prepararsi ad infinite discussioni sull’opportunità di vaccinarsi, ma è necessario anche coordinare i richiami e spesso vaticinare la disponibilità del giusto quantitativo di dosi e sperare di non incorrere in intoppi”.

“In tutto ciò confrontandosi con pazienti“ impazienti” di esercitare il loro legittimo diritto alla salute. Ma i vaccini sembra proprio che nella Regione Lazio non debbano farli i medici di famiglia anche se sono tanti, un esercito, diffuso capillarmente sul territorio e con piena cognizione di quelle che sono le necessità di salute dei propri pazienti e quindi della popolazione. Sono tanti i medici di famiglia e i più disposti a vaccinare nei propri studi professionali o in altre strutture predisposte, ma per tutti loro la campagna ​vaccinale assomiglia più ad un percorso ad ostacoli che ad un esercizio di salute pubblica e prevenzione. In data odierna avrei dovuto provvedere a somministrare il richiamo vaccinale con corniarty Pfizer a diciotto tra i miei pazienti più fragili”.

“Ho provveduto a richiedere le dosi ventuno giorni fa chiarendo esplicitamente come fossero dosi di “richiamo” e seguendo attentamente la procedura disposta telematicamente sul portale della farmacia aziendale RmH6, come già avevo più volte fatto. Nonostante il riscontro tempestivo e l’impegno degli operatori della farmacia aziendale le dosi destinate al “richiamo” ad oggi non risultano essere ancora disponibili. Forse (sic!) verranno consegnate nei prossimi giorni fortunatamente in tempo per non compromettere l’immunizzazione dei pazienti. Forse (sic!) ci verranno fornite le dosi di AstraZeneca richieste ormai da mesi. Forse non è nulla di irreparabile, ma il disagio degli operatori sanitari, e il mio pensiero va ovviamente ai colleghi della farmacia sommersi dalle richieste e nell’impossibilità di far fronte alle istanze, il disagio dei pazienti, le difficoltà di chi come me ogni giorno cerca di erogare un servizio degno dell’Articolo 32 della Costituzione e il silenzio di coloro che dovrebbero essere deputati all’organizzazione e al coordinamento della campagna vaccinale cozza in maniera fragorosa. In questo fragore non posso che chiedermi quali siano le ragioni che hanno portato all’organizzazione di una campagna vaccinale, che per definizione dovrebbe essere capillare e diffusa sul territorio, privilegiando la creazione di grandi strutture vaccinali, i famosi Hub, che di certo privano la collettività di importanti risorse economiche e non si è invece favorita una campagna vaccinale contando su quanto già in disposizione e quindi anche sulle forze e le competenze della tanto millantata medicina territoriale”.

“I Medici di famiglia, come ho già detto, conoscono il territorio e i propri pazienti e potrebbero rappresentare una risorsa impagabile in questa campagna vaccinale ed è perciò per me incomprensibile il sistematico ostacolo e rallentamento alla loro partecipazione alla campagna vaccinale. Tale quesito non trova in me alcuna risposta e spero che invece possa trovarla in chi ha il dovere di pianificare e organizzare la campagna vaccinale sul nostro territorio”.

Lettera di Luana Mannoccivaccinale assomiglia più ad un perco rso ad ostacoli che ad un esercizio di salute pubblica e prevenzione. In data odierna avrei dovuto provvedere a somministrare il richiamo vaccinale con corniarty Pfizer a diciotto tra i miei pazienti più fragili. Ho provveduto a richiedere le dosi ventuno giorni fa chiarendo esplicitamente come fossero dosi di “ richiamo” e seguendo attentamente la procedura disposta telematicamente sul portale della farmacia aziendale RmH6, come già avevo più volte fatto. Nonostante il riscontro tempestivo e l’impegno degli operatori della farmacia aziendale le dosi destinate al “richiamo” ad oggi non risultano essere ancora disponibili. Forse (sic!) verranno consegnate nei prossimi giorni fortunatamente in tempo per non compromettere l’immunizzazione dei pazienti. Forse (si c!) ci verranno fornite le dosi di AstraZeneca richieste ormai da mesi. Forse non è nulla di irreparabile, ma il disagio degli operatori sanitari, e il mio pensiero va ovviamente ai colleghi della farmacia sommersi dalle richieste e nell’impossibilità di f ar fronte alle istanze, il disagio dei pazienti, le difficoltà di chi come me ogni giorno cerca di erogare un servizio degno dell’Articolo 32 della Costituzione e il silenzio di coloro che dovrebbero essere deputati all’organizzazione e al coordinamento de lla campagna vaccinale cozza in maniera fragorosa. In questo fragore non posso che chiedermi quali siano le ragioni che hanno portato all’organizzazione di una campagna vaccinale, che per definizione dovrebbe essere capillare e diffusa sul territorio, priv ilegiando la creazione di grandi strutture vaccinali, i famosi Hub, che di certo privano la collettività di importanti risorse economiche e non si è invece favorita una campagna vaccinale contando su quanto già in disposizione e quindi anche sulle forze e le competenze della tanto millantata medicina territoriale. I Medici di famiglia, come ho già detto, conoscono il territorio e i propri pazienti e potrebbero rappresentare una risorsa impagabile in questa campagna vaccinale ed è perciò per me incomprensibi le il sistematico ostacolo e rallentamento alla loro partecipazione alla campagna vaccinale. Tale quesito non trova in me alcuna risposta e spero che invece possa trovarla in chi ha il dovere di pianificare e organizzare la campagna vaccinale sul nostro t erritorio.

Last Updated on 21 Aprile 2021 by

Redazione 2

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