Albano, Termovalorizzatore scelta migliore?

Albano, Termovalorizzatore scelta migliore?

La realizzazione del termovalorizzatore a Santa Palomba è ancora motivo di discussione e opposizione da parte della comunità dei Castelli Romani. Ne abbiamo parlato con il Professor Luca Andreassi, Vicesindaco e Assessore ai Lavori Pubblici – Infrastrutture – Trasformazione digitale di Albano

A distanza di pochi giorni dal respingimento del ricorso contro la realizzazione del discusso termovalorizzatore nella zona industriale di Santa Palomba (Comune di Pomezia), presentato dall’associazione Salute Ambiente Albano, abbiamo posto alcune domande all’Assessore ai Lavori Pubblici – Infrastrutture – Trasformazione digitale, nonché Vicesindaco, di Albano Luca Andreassi al fine di comprendere meglio quali sono i motivi del “no” nei confronti di un progetto che sottende alcune problematiche non sempre ben chiarite.

Perché opporsi al termovalorizzatore progettato dalla giunta Gualtieri?
In realtà non si tratta di opporsi al termovalorizzatore. Si tratta di capire quale sia il modello di chiusura del ciclo dei rifiuti e se all’interno di questo modello il termovalorizzatore sia la soluzione migliore. Perché questo deve essere l’oggetto della discussione. Se oggi Roma avesse miracolosamente già nella sua disponibilità un termovalorizzatore continuerebbe ad avere la stessa quantità di immondizia a terra e lo stesso numero di cinghiali e ratti. Al di là di quello che hanno voluto far credere, infatti, questo è un problema legato alla raccolta. Se oggi la raccolta funzionasse bene avremmo una Roma pulita anche senza termovalorizzatore. Semplicemente in Olanda e Danimarca si manderebbe qualche balla in più al giorno. Allo stesso tempo, neanche una raccolta differenziata eccezionale sarebbe salvifica. Se anche Roma, sempre miracolosamente, riuscisse a separare tutte le frazioni merceologiche (carta, plastica, vetro, RAEE, legno, alluminio, umido, ecc.) non avendo impianti di valorizzazione, riciclo e recupero delle stesse, cambierebbe davvero ben poco. Dunque, ciò che è sbagliato è il modello. A quello mi oppongo.

I comuni dei Castelli Romani sono virtuosi nella raccolta differenziata, ma, nonostante ciò, sappiamo che parte dell’indifferenziato non può essere riciclato. Quale potrebbero essere le soluzioni per lo smaltimento di questa tipologia di rifiuti?
Il modello su cui ci si sta orientando prevede al centro non la termovalorizzazione dei rifiuti con produzione di energia termica, soluzione tecnologica consolidata e all’avanguardia un paio di decenni fa, ma tecniche di ossidazione parziale e riciclo chimico. Tecniche, cioè, in cui la combustione non avviene e il processo si interrompe producendo, anziché energia termica, dei gas: etanolo, metanolo, idrogeno.
Che possono essere stoccati e utilizzati altrove. Peraltro, la tecnica del riciclo chimico è perfettamente integrata con la raccolta differenziata, in quanto entrambe mirano al recupero di materia. Infine, la quantità di CO2 prodotta da questi impianti è di meno e, soprattutto, facilmente separabile e anch’essa riutilizzabile. Dato fondamentale per la gestione economica di questi impianti, visto che da qui a tre anni anche i termovalorizzatori saranno chiamati a pagare proporzionalmente alla quantità di CO2 emessa. Naturalmente il riciclo chimico deve integrarsi con il riciclo meccanico. Ovvero con una rete di impianti che valorizzino le frazioni di rifiuti separate dai cittadini immettendole al recupero e al riciclo. Soprattutto per quanto riguarda i digestori anaerobici. Impianti indispensabili per trattare la frazione organica producendo biogas. Insomma, il modello verso cui si sta andando ha come comun denominatore il gas. Gas recuperato dalla fermentazione dell’umido. Gas recuperato dal trattamento del residuo solido secco.

Quali potrebbero essere le ripercussioni sui Castelli Romani? È un progetto ben definito in tutti i suoi aspetti?
Difficile, dico in generale, ipotizzare gli impatti di un impianto industriale su un territorio. L’area di Santa Palomba è un’area a vocazione industriale che già ospita una varietà di impianti industriali che vanno dalla logistica al comparto farmaceutico a quello dell’acciaio. Certamente comporterebbe una movimentazione di mezzi importanti e quindi la valutazione di una possibile criticità relativamente alla viabilità che non mi pare sia stata affrontata nel bando. Gli altri punti non chiarissimi del progetto sono legati soprattutto alle metodologie di separazione dell’anidride carbonica. Le tecniche attuali, laddove non ci si trovi di fronte a CO2 pura come nel caso dei termovalorizzatori, non risultano particolarmente efficienti. Pertanto, ad oggi è difficile immaginare uno scenario diverso da CO2 immessa in atmosfera e conseguente pagamento da parte del gestore delle ingenti relative quote previste dall’Emission Trading System. Relativamente, infine, alle emissioni inquinanti di un termovalorizzatore mi sento di affermare che gli attuali sistemi di abbattimento delle emissioni garantiscono un’ottima depurazione dei gas combusti dagli inquinanti principali prodotti nella combustione. Inoltre, i numerosi controlli a cui sono oggetto fanno sì che l’efficienza di tali sistemi sia continuamente certificata e verificata.

Durante la riapertura della discarica di Roncigliano, si era ipotizzata la realizzazione di un “subambito” dei Castelli Romani per la gestione interna dei rifiuti. Perchè quell’ipotesi è naufragata? Avrebbe potuto mettere il nostro territorio in una posizione migliore per opporsi al termovalorizzatore?
Quella del subambito, in realtà, è stata una proposta del territorio proveniente da molte Amministrazioni locali che non ha mai avuto risposta dalla Regione Lazio. L’idea del subambito nasce dalla considerazione logica che ogni impianto di trattamento dei rifiuti debba essere integrato nel territorio. Ovvero debbano essere strutture dedicate a trattare il rifiuto prodotto da quel territorio, valorizzandolo. Con taglie di impianti relativamente piccole, ovviamente compatibili con il raggiungimento di un’economia di scala. In ossequio ad uno dei principi fondamentali europei, ovvero la prossimità. Fare in modo, cioè, che i rifiuti vengano trattati in prossimità di dove vengono prodotti e non “viaggino troppo”. L’impianto da 600.000 tonnellate a Santa Palomba comporterà inevitabilmente decine e decine di autoarticolati viaggianti per molti chilometri su e giù per la Città. L’idea quindi di proporre degli ambiti dell’ordine di 500.000 cittadini attrezzati con impianti di taglia adeguata sembrava la soluzione più logica. Purtroppo, la scorsa consiliatura regionale a guida Zingaretti, aveva individuato due unici macroambiti in Roma e nella Provincia di Roma. L’attuale Giunta Rocca ha addirittura stralciato quel provvedimento. Pertanto, oggi ci si trova in una surreale condizione di esistenza di ambiti (le province) con un valore puramente “filosofico” visto che non è definita la loro governance.

Claudio Chiavari

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Last Updated on 11 Marzo 2024 by Autore CH

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