Albano, ieri nella parrocchia Sacra Famiglia di Cancelliera l’incontro con la famiglia Paolina

Albano, ieri nella parrocchia Sacra Famiglia di Cancelliera l’incontro con la famiglia Paolina

Lettera del parroco di Cancelliera don Antonio Salimbeni:

“Carissimi fedeli, come avete visto da alcuni mesi stiamo riflettendo sull’argomento della complementarietà fra sposi e presbiteri, un tema che ci sollecita a considerare non solo aspetti esterni come il fare qualcosa in parrocchia o l’andare d’accordo col parroco ma ci porta ad addentrarci sulla specificità della propria identità sacramentale in quanto l’essere viene prima del fare. E questo perché alcuni aspetti di pastorale non devono distoglierci dalla verità insita nel sacramento del Matrimonio.

Tema: Testimoni dell’Amore di Dio oltre ogni dissidio e persecuzione
PRIMA PARTE
Dagli Atti degli Apostoli (6,1-7,2.51-8,4)
6 :1In quei giorni, moltiplicandosi il numero dei discepoli, gli ellenisti incominciarono a mormorare contro gli Ebrei perché
nella distribuzione quotidiana le loro vedove venivano trascurate. 2Allora i Dodici, radunata l’assemblea dei discepoli, dissero: «Non sta bene che noi trascuriamo la parola di Dio per servire alle mense. 3Cercate piuttosto in mezzo a voi, o fratelli, sette uomini di buona fama, pieni di spirito e di sapienza, che noi preporremo a questo servizio. 4Così noi ci dedicheremo pienamente alla preghiera e al ministero della parola». 5Questa proposta piacque a tutta l’assemblea, e scelsero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Pròcoro, Nicànore, Timòne, Parmenas e Nicola, proselito di Antiochia. 6Li presentarono agli apostoli e, dopo aver pregato, imposero loro le mani. 7 Intanto la parola di Dio si diffondeva e si moltiplicava grandemente il numero dei discepoli in Gerusalemme; anche gran folla di sacerdoti aderiva alla fede. 8Stefano, pieno di grazia e di potenza, faceva grandi prodigi e miracoli in mezzo al popolo. 9Si levarono alcuni della sinagoga detta dei liberti, dei Cirenei, degli Alessandrini, di quelli di Cilicia e d’Asia e si misero a disputare con Stefano. 10Ma non potevano tener testa alla sapienza e allo spirito con cui egli parlava. 11Allora misero su degli individui che dissero:

«Abbiamo udito costui mentre pronunciava parole blasfeme contro Mosè e contro Dio», 12ed eccitarono il popolo, gli anziani e gli scribi. Gli si fecero addosso, lo presero con violenza e lo condussero al sinedrio. 13Poi produssero falsi testimoni che dicevano: «Quest’uomo non la smette di dire parole offensive contro questo luogo santo e contro la legge. 14Lo abbiamo infatti udito dire che quel Gesù Nazareno distruggerà questo luogo e cambierà le leggi che ci ha tramandato Mosè». 15E guardando fisso verso lui, tutti quelli che erano seduti nel sinedrio videro il suo viso come il viso d’un angelo. 7 1Allora il sommo sacerdote domandò: «Le cose stanno davvero così?». 2Ma egli rispose: «51Testardi e incirconcisi
di cuore e d’orecchi, voi sempre resistete allo Spirito Santo: come i vostri padri così anche voi. 52Qual è quel profeta che i vostri padri non hanno perseguitato? Hanno ucciso quelli che annunciavano la venuta del Giusto, di cui ora voi siete stati traditori e assassini, 53voi che avete ricevuto la legge per ministero di angeli e non l’avete osservata!». 54Ascoltando queste cose si rodevano il fegato dalla rabbia e digrignavano i denti contro di lui. 55Ma egli, pieno di Spirito Santo, guardando fisso verso il cielo vide la gloria di Dio e Gesù che stava in piedi alla destra di Dio, 56e disse: «Ecco, vedo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta in piedi alla destra di Dio». 57Allora gridando a gran voce si turarono le orecchie e si scagliarono tutti insieme contro di lui, e trattolo fuori della città lo lapidavano. 58I testimoni deposero le loro vesti ai piedi di un giovane chiamato Saulo.

59E lapidavano Stefano che pregava e diceva: «Signore Gesù, accogli il mio spirito». 60Messosi in ginocchio, gridò a gran voce: «Signore, non imputare loro questo peccato». E detto questo si addormentò. 8 1E Saulo approvava l’uccisione di Stefano. contro la chiesa che era in Gerusalemme. Tutti si dispersero nelle campagne della Giudea e della Samaria, ad eccezione degli apostoli. 2Alcune pie persone seppellirono Stefano e fecero per lui un grande lutto. 3Saulo intanto devastava la chiesa: entrava nelle case, trascinava fuori uomini e donne e li faceva mettere in prigione. 4Ma quelli che si erano dispersi se ne andarono in giro predicando la parola del vangelo.


Proseguiamo la lettura degli Atti degli Apostoli, che ci fa entrare nella vita della comunità cristiana delle origini radunata intorno agli Undici immediatamente dopo la Resurrezione di Gesù. Il libro si apre, come noto, con i racconti fondanti la Chiesa nascente, quelli relativi all’Ascensione e alla Pentecoste, e con la descrizione dello stile di vita della comunità, “perseverante nell’insegnamento degli Apostoli, nella comunione, nello spezzare il pane e nella preghiera”: disposizioni del cuore e azioni concrete che inducono a vivere in un modo peculiare e capace di interrogare silenziosamente il mondo. I credenti sono “un cuor solo e un’anima sola”, mettono in comune i loro beni, condividono il pane nelle case e prendono cibo con letizia e semplicità, consapevoli della presenza di Dio in mezzo a loro: nel suo nome agiscono e professano la fede, anche quando il sinedrio impone loro il silenzio e vieta persino di nominare Gesù di Nazareth. Il Signore è vicino a questa comunità e in essa agisce con potenza, come emerge dai miracoli compiuti dagli Apostoli e dall’accrescersi quotidiano del numero dei discepoli, nonostante le persecuzioni e le ostilità.

La prima comunità cristiana insegna, attraverso i racconti dei primi 5 capitoli degli Atti, l’unità, la fiducia totale nell’azione di Dio e la perseveranza nella Verità, annunciata con coraggio e indipendentemente dai tentativi esterni di tacitarla; nel contempo, dal capitolo 6 emergono alcuni dissensi interni, che gli Apostoli affrontano in modo sinodale, con discernimento e attenzione alla voce dello Spirito: mentre “si moltiplica” il numero dei discepoli i credenti che parlano greco iniziano a “mormorare”. Di fronte all’azione di Dio, che benedice i fedeli in Cristo e li moltiplica (è questo il verbo delle benedizioni di Genesi, che dichiara il dono della vita abbondante e infinito, cfr. Genesi 1), interviene il maligno, che induce a parlare contro Dio e contro i suoi ministri (la mormorazione esprime, nell’Antico Testamento, l’azione ingrata del popolo, nonostante i benefici ricevuti, cfr. Esodo 16,7ss; Numeri 17,20ss). Se il Signore benedice e chiama alla fede attraverso la predicazione degli Apostoli, il nemico vuole dividere, distruggere l’unità e minacciare la comunione, per indebolire la vita della Chiesa e la sua testimonianza di fronte al mondo. L’insegnamento è chiaro: il conflitto, la parola che divide, il pensiero invidioso o giudicante, sono sempre una grande tentazione che minaccia tutta la comunità.

Di fronte a questa tentazione, i Dodici, espressione della Chiesa apostolica e gerarchica, si impegnano per l’unità: “radunano l’intera assemblea dei discepoli”, fanno discernimento insieme e riconoscono l’esigenza di assegnare ad “uomini riconosciuti e apprezzati, pieni di spirito e di sapienza” compiti diversi e complementari rispetto a quelli riservati al loro ministero. Questi uomini, individuati in numero di 7, con riferimento alla valenza di pienezza e di perfezione che tale numero ha nella sensibilità biblica, sono i primi laici che collaborano con i ministri ordinati nella Storia della Chiesa: saranno i primi diakonoi, posti al servizio della comunità dei battezzati e scelti dalla comunità stessa all’interno di essa. Di loro si dice che sono marturùmenoi, termine che la traduzione tradizionale rende con “di buona fama”, “riconosciuti e apprezzati”: dalla radice greca di questa parola, però, emerge già il riferimento al senso alto della Verità della fede, che sempre prevede la testimonianza fino al “martirio”. Su questi laici, come sui ministri ordinati, agiscono “lo Spirito e la Sapienza” del Signore, a significare l’identità della missione dei Battezzati, tutti accomunati dalla triplice dimensione sacerdotale, profetica e regale che appartiene al popolo di Dio, tutti abitati dallo stesso Spirito, che effonde su ciascuno i suoi doni e trasforma ogni persona.

I diaconi, scelti dalla comunità e presentati agli Apostoli come espressione della comunità stessa, ricevono poi dagli Apostoli l’imposizione delle mani: ciò segnala la loro continuità con il consesso apostolico e la strutturazione, nel tempo, dei gradi del ministero ordinato, di cui partecipa il diaconato, attraverso il gesto autoritativo proprio della Chiesa gerarchica. Si moltiplica intanto ancora il numero dei discepoli e si diffonde la Parola di Dio: anche tanti sacerdoti ebrei aderiscono alla fede in Gesù.
E tra i diaconi c’è Stefano, “pieno di grazia e di potenza”: contro di lui si avventano i giudei che non hanno aderito alla fede in Cristo, prevalentemente provenienti dalle aree della diaspora; disputano con lui sulle questioni di fede, ma non riescono a “tenere testa alla Sapienza e allo Spirito con cui egli parla”, perchè Stefano parla in nome di Dio: in lui agiscono la potenza, la grazia e la Verità che non vengono dagli uomini ma sono dono dell’Altissimo. Gli uomini lo invidiano e sono “rosi dalla rabbia” contro di lui: si tratta di persone che condividono con Stefano la fede di Israele, eppure mormorano contro di lui, istigano i vicini a dire il falso sul suo conto e ad accusarlo di “blasfemia contro Mosè e contro Dio”, lo conducono davanti al sinedrio e adducono falsi testimoni. I contenuti delle accuse sono gli stessi prodotti contro Gesù e la ragione dell’accanimento contro Stefano è proprio la sua testimonianza a favore del Nazareno: egli però si mantiene in pace, dono del Risorto, “il suo viso è d’angelo” e continua a testimoniare (marturein) la Verità di Cristo. Il capitolo 7 contiene la sua testimonianza, che ripercorre con coraggio la storia di Israele mostrando come tutte le figure messianiche, immagini e profezie del Cristo, sono state perseguitate perchè “annunciavano la venuta del Giusto”, Gesù di Nazareth. Nessuno vuole ascoltare Stefano: lo trascinano fuori e lo lapidano. Egli afferma di vedere i cieli aperti, pronti ad accoglierlo. Come Gesù è accusato, come Gesù è messo a morte, come Gesù perdona i suoi accusatori. È il primo martire della Chiesa e non è uno dei Dodici, a dire che la testimonianza della Verità di Cristo di fronte al mondo è affidata, dal principio alla fine della Storia, a ogni uomo e a ogni donna, non in forza di uno speciale ministero, ma in virtù di una fede condivisa e della filiazione divina, trasmessaci nel Battesimo.

La morte di Stefano inaugura una nuova fase di persecuzioni, di cui sarà protagonista “un certo Saulo”: eppure, in mezzo a queste persecuzioni, rivolte ai discepoli come agli Apostoli, ai laici dunque come agli ordinati, la fede cresce. Se i nemici di Cristo disperdono i credenti, questi stessi credenti, dispersi, diventano, ovunque giungono, seme di nuovi credenti. Questa è la chiamata: essere “chicco di grano che cade in terra, muore e produce molto frutto”. (Laura C. Paladino)

SECONDA PARTE
Insieme per evangelizzare
“Evangelizzare è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare”: così san Paolo VI afferma al n. 14 di Evangelii Nuntiandi, ricordando alla Chiesa che essa esiste per evangelizzare. Tutti i cristiani, nessuno escluso, hanno questo mandato dal Signore. Non esistono operatori pastorali da una parte ed utenti di servizi ecclesiali dall’altra. A maggior ragione, coloro che hanno ricevuto il sacramento dell’Ordine e del Matrimonio sono chiamati a riscoprire la loro complementarietà anche in ordine all’evangelizzazione.

Il sacerdote, costituito maestro autorevole e annunciatore della Parola attraverso l’Ordinazione, introduce gli sposi a comprendere e attualizzare la loro identità più profonda dell’essere immagine e somiglianza del Dio Trinità, affinchè con la vita possano mostrare al mondo il volto di Dio innamorato dell’uomo. Il loro stato di vita è propriamente quella modalità che Dio ha scelto per rendersi visibile e farsi conoscere. E’ una verità che più volte papa Francesco ricorda a tutta la Chiesa: “La coppia che ama e genera la vita è la vera ‘scultura’ vivente, capace di manifestare il Dio creatore e salvatore”; e ancora: “L’amore fecondo viene ad essere il simbolo delle realtà intime di Dio”; e infine: “La relazione feconda della coppia diventa un’immagine per scoprire e descrivere il mistero di Dio, fondamentale nella visione cristiana della Trinità che contempla in Dio il Padre, il Figlio e lo Spirito d’amore. Il Dio Trinità è comunione d’amore, e la famiglia è il suo riflesso vivente” (n. 11).

Dunque gli sposi offrono al sacerdote ciò che è necessario alla sua missione evangelizzatrice: far conoscere Dio. Essi sono la “scultura vivente” che manifesta al mondo il volto divino, un simbolo per capire qualcosa delle realtà intime del Creatore. Se essi sono la strada visibile e tangibile per scoprire e descrivere un tale mistero, il prete per “spiegarlo” non può limitarsi alle parole della predicazione, ma è chiamato a coinvolgere gli sposi in questo suo “dire” chi è Dio. Prendere consapevolezza
Purtroppo gli sposi non sanno di essere segno rivelatore di tanto Amore, né il sacerdote sa di avere in loro delle “pietre preziose” in ordine al mandato di evangelizzare. Dio non ha edificato chiese o locali parrocchiali, non ha plasmato statue a sua immagine e somiglianza, ma ha fatto l’uomo e la donna, coppie di sposi come “luoghi” primari ed espressivi di immagine e somiglianza divina. Il sacerdote che annuncia Dio attraverso la bellezza della creazione ha a disposizione un segno ancora più incisivo: l’uomo-donna; un segno scelto dal Creatore stesso, non da noi che spesso andiamo a cercare su Internet immagini della creazione per parlare di Dio, mentre Lui ha già indicato qual è la migliore per essere “conosciuto” sulla terra, nell’analogia, certo, ma in modo molto concreto. Osservando il creato (le stelle, le montagne, i fiori…) tutto rimanda a qualcosa dell’Infinito divino, ma solo l’uomo-donna, “i due in una carne sola”, rivela chi è e come vive Dio. Tra il vedere qualcosa e scoprire e poter vedere “come” Dio, c’è una grande differenza.

Non si può evangelizzare efficacemente senza quel segno che Dio stesso ha scelto per manifestarsi.
E’ indispensabile e fondamentale che nell’evangelizzazione, accanto al sacerdote, ci siano coppie di sposi, sculture viventi di Dio nel mondo.
Immagine e somiglianza di Dio Il sacerdote, costituito maestro della comunità, insegna e ripete spesso il cuore del Vangelo, sintesi di tutte le leggi e le tradizioni: amare Dio e amare il prossimo. Oltre agli insegnamenti, offre anche dei segni visibili e concreti di tale amore: i sacramenti, in particolare l’Eucaristia e la Riconciliazione.

Come afferma san Giovanni Paolo II al n. 7 di Mulieris dignitatem: “Sull’immagine e somiglianza di Dio, che il genere umano porta in sé fin dal «principio», è radicato il fondamento di tutto l’«ethos»
umano: l’Antico e il Nuovo Testamento svilupperanno tale «ethos», il cui vertice è il comandamento
dell’amore”. Pertanto l’essere immagine e somiglianza di Dio viene a confermare il cuore stesso del messaggio evangelico: amare perché creati e fatti per amare. Solo questo consente di esprimere e realizzare l’identità più vera e profonda dell’essere creature umane ad imago Dei.
Il comandamento evangelico dell’amore non è un obbligo imposto dall’esterno, ma un dono che indica la strada per diventare ciò per cui si è stati creati, non ne esiste un’altra che consenta di assumere le sembianze divine. Tutto ciò è reso vivo non solo dalla Parola e dai segni che il sacerdote continuamente offre, ma anche dagli sposi che con la loro vita testimoniano che l’essenziale è l’amore, che fuori da esso non si trova più un senso della realtà. Nello sperimentare l’essere due in uno diventano segno e significato profondo dell’immagine divina, comunicando, con l’impegno quotidiano, che l’essenziale per tutti è amare. Il mondo, anche quando finge o dice di non crederlo, sa che l’essenziale è l’Amore folle e misericordioso di Dio comunicato dal sacerdote con l’annuncio della Parola e reso tangibile dalla testimonianza di vita degli sposi e della famiglia.

Così come la lampada sempre accesa dinanzi al Santissimo ricorda la presenza reale di Gesù sacramentato, allo stesso modo gli sposi, per le vie del mondo, sono “il richiamo permanente per la Chiesa di ciò che è accaduto sulla croce” (Familiaris consortio 13); essi non sono solo indicatori di ciò che è essenziale nella vita ma, nel loro reciproco donarsi, sono anche e soprattutto la visibilità permanente di Dio Amore che si rivela nella loro carne. Un sacerdote nel suo ministero non potrà mai esonerarsi dall’annunciare il mistero della Trinità. Perché la coppia di sposi invece dovrebbe esimersi da essere per il mondo la visibilità? Plaudiamo alle mille iniziative di solidarietà che gli uffici Caritas delle diocesi del mondo promuovono instancabilmente, ma non si può non riconoscere che ogni coppia è la caritas vivente di Dio per le strade, per le piazze, in ogni ambiente in cui è chiamata a vivere.
Bisogna sostenere gli sposi ad avere consapevolezza di tanta ricchezza e al contempo ravvivare nel cuore dei preti la coscienza del ruolo dei coniugi nel progetto di Dio per l’umanità (libera elaborazione
da Bonetti e Bucolo, Una missione da condividere. Sacerdoti e sposi: insieme per testimoniare il Vangelo, Porziuncola 2020).

Il compito principale dei presbiteri è quello della predicazione del Vangelo e di donare la grazia dei Sacramenti. Nello stesso tempo, però, essi devono percepire i disagi e i bisogni delle “pecorelle” loro affidate. Ma l’individuazione delle esigenze dei fedeli non può essere relegata solo ai presbiteri o ai fedeli di buona volontà. Deve coinvolgere tutti, sulla base della sensibilità di ogni membro della comunità. In questo campo le famiglie hanno da giocare un ruolo fondamentale in quanto al loro
interno si confrontano con molte problematiche: da quelle relative al sostentamento economico a quelle dell’educazione, da quello della disabilità a quello relazionale. La famiglia è lo snodo esistenziale attraversato dal vissuto di tutti e, per questo, è l’antenna che più delle altre intercetta le attese e i bisogni della gente. Da qui l’importanza, da parte del presbitero, di attorniarsi di famiglie e di avere con esse una relazione sana di collaborazione capace di orientare, consigliare vie di impegno che corrispondano alle esigenze sempre nuove che la società pone. Per superare l’eventuale scoraggiamento il presbitero deve porre la propria fiducia nello Spirito Santo che soffia e suscita abbondanti carismi in tutto il popolo di Dio.

Il brano degli Atti degli Apostoli che abbiamo ascoltato ci suggerisce l’atteggiamento delle comunità cristiane: attente ai problemi esistenziali dei suoi membri; capaci di individuare al suo interno, sotto la spinta dei presbiteri, chi nella comunità può alleviare tali problemi sulla base dei carismi ricevuti dallo Spirito.
Domande per la riflessione in coppia e fra coppie

  1. Siamo disposti a donare interamente la nostra vita nella sequela di Ge sù al pari di Stefano e dei martiri della Chiesa delle origini?
  2. Come ci stiamo formando alla consapevolezza di essere in coppia e famiglia preziosi testimoni
    dell’amore folle e misericordioso di Dio Padre?”

Last Updated on 17 Aprile 2023 by

Redazione 2

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