Vitamina D: ormone o vitamina?

Vitamina D: ormone o vitamina?
Casa del Tempo, Servizi per la terza età

Cari lettori, oggi parliamo di vitamina D.

Si sente sempre molto parlare di questa vitamina, soprattutto per la sua correlazione con il sole. E’ l’unica vitamina, infatti, che si produce grazie all’azione dei raggi ultravioletti sulla nostra pelle. In realtà, si tratta di un vero e proprio ormone.

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Si conoscono almeno 5 diverse forme di vitamine D, che differiscono dalla fonte che le rende disponibili, animali o vegetali. Le due più importanti forme sono la vitamina D2 e la vitamina D3, meglio conosciuto come colecalciferolo.
Quest’ultimo viene sintetizzato a partire dal colesterolo ed è la fonte più importante per gli organismi animali.

La principale fonte di vitamina D deriva dall’esposizione del corpo al sole. I raggi solari, infatti, trasformano la forma inattiva di vitamina D in forma biologicamente attiva, il calcitriolo. In realtà, una buona quantità di vitamina D viene prodotta direttamente dal nostro corpo ad opera dei reni, attraverso la trasformazione della forma inattiva in calcitriolo.

La scoperta della vitamina D è molto recente. Attorno alle prime due decadi del secolo scorso si osservava che bambini che soffrivano di rachitismo, guarivano completamente, se esposti al sole. La vitamina favorisce l’assorbimento intestinale di Calcio e Fosforo e partecipa, quindi ai processi di mineralizzazione delle ossa. Inoltre, è in grado di controllare i livelli di Calcio nel sangue, partecipando in via indiretta ai fenomeni legati alla contrazione di muscoli e cuore.

Questo ormone ha, anche, importanti effetti sul cervello. Secondo alcuni studi, bassi livelli di vitamina D sarebbero
implicati nella formazione di radicali liberi che, a livello cerebrale, creerebbe gravi danni. Altri studi dimostrerebbero che bassi livelli della vitamina sono legati all’insorgenza della Sclerosi Multipla.

La vitamina D ha numerose altre funzioni. Infatti, sembrerebbe essere implicata in una efficace risposta immunitaria
contro gli agenti microbici. Non sarebbe un caso che i picchi influenzali coincidano con i periodi invernali, durante i quali è più facile avere carenze di vitamina D. E’ stato, inoltre, dimostrato che la vitamina D aumenta il rischio di gravi infezioni respiratorie, compreso il COVID-19.

Questa vitamina non è associata ad un maggiore rischio di contrarre l’infezione da SARS-Cov2, ma a maggiori complicanze dell’infezione, ad una maggiore gravità della malattia e ad un maggior tasso di mortalità. Ciò che è più evidente è la stretta associazione tra carenza della vitamina ed un più alto tasso di depressione. Fenomeno molto conosciuto alle latitudini della regione artica, caratterizzata da lunghissimi inverni. In questi paesi non è raro soffrire di
Disturbi Affettivi Stagionali (SAD), che si risolvono con fototerapia.

Le fonti alimentari di vitamine D non sono numerose e sono da ricercarsi nei pesci grassi come il salmone e le aringhe, nelle uova, nel fegato e nelle carni rosse ed in alcune verdure a foglia larga. La migliore fonte di vitamina D, tuttavia, rimane l’irradiazione al sole. In Italia l’80% della popolazione soffre di carenza da vitamina D. Un dato sconfortante, se si pensa che i primi a soffrirne sono bambini e donne. In questi casi l’integrazione è doverosa.

Consiglio, tuttavia, di farsi sempre consigliare da un esperto per stabilire il giusto dosaggio. La vitamina, infatti, è un ormone a tutti gli effetti e le somministrazioni “fai da te” sono fortemente sconsigliate. A presto!

Cristina Mucci

Last Updated on 12 Giugno 2021 by

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Redazione 2

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