Termovalorizzatore, bocciato il ricorso a tutela dei Castelli Romani

Termovalorizzatore, bocciato il ricorso a tutela dei Castelli Romani

Castelli Romani – Il TAR ha bocciato il ricorso presentato delle associazioni ambientaliste, al quale si sono poi aggiunti i comuni di Ariccia e Ardea. Una sentenza non favorevole ma contro la quale non ci si può arrendere. I Castelli Romani oggi sono fortemente minacciati da una fonte di inquinamento ritenuta necessaria per risolvere il problema della gestione dei rifiuti della capitale.

Di Emanuele Scigliuzzo

Forse è rimasto l’ultimo baluardo in piedi a proteggere i Castelli Romani dalla minaccia del termovalorizzatore che Gualtieri, in veste di commissario straordinario per il Giubileo, vuole costruire per risolvere i problemi della Capitale. La sentenza sfavorevole può fiaccare, ma non fermare e la battaglia legale intrapresa che continuerà con un ricorso al Consiglio di Stato, perché i ricorrenti sono convinti della validità oggettiva della documentazione presentata per evitare la realizzazione dell’inceneritore. Un termovalorizzatore che paradossalmente sarà in funzione dopo il Giubileo, pensato per bruciare 600 mila tonnellate di spazzatura che Roma, da sola, non produce. Un impianto che servirà la città, ma dalla sua più estrema periferia. Un termovalorizzatore che dai rendering visti durante la presentazione, avrà anche delle zone verdi che quasi invitano a passeggiare i cittadini.

Il crollo del ricorso

Crolla quindi, grazie alla sentenza 30026 del TAR, che lascia tutti perplessi e sgomenti, il ricorso presentato e portato avanti dalle Associazioni “Salute e Ambiente Albano”, “Pavona per la Tutela della Salute”, “Latium Vetus Aps”, alle quali si sono uniti anche i sindaci di Ariccia e Ardea dopo la bocciatura dei ricorsi presentati dalle amministrazioni comunali. Un ricorso che impugnava le ordinanze n. 7 e n. 8 del 1° dicembre 2022, del Commissario Straordinario di Governo per il Giubileo della Chiesa Cattolica 2025, emanate rispettivamente per la costruzione del termovalorizzatore e per l’approvazione del Piano Gestione Rifiuti, ma respinto su tutta la linea con motivazioni che però lasciano quantomeno sorpresi. Su tutte, quella secondo cui sarebbero dovuti essere i ricorrenti, ovvero i cittadini uniti per difendere il loro diritto alla salute, a presentare alternative valide alla località adatta alla realizzazione dell’impianto.
Andiamo per ordine. A ottobre 2022 con le ordinanze che abbiamo citato, Gualtieri predispone il piano per la risoluzione dei problemi dei rifiuti della capitale, la cui soluzione sarebbero: due impianti di selezione delle frazioni secche da RD (selezione e valorizzazione carta e plastica con capacità totale di 200.000 t/a); due impianti per la digestione anaerobica delle frazioni organiche da RD (con capacità totale di 200.000 t/a); un impianto di trattamento termico dei rifiuti indifferenziati residui con efficiente recupero energetico (con capacità totale di 600.000 t/a).

Il ricorso viene presentato quindi contro la “Violazione dei principi e delle norme europee e nazionali in materia di tutela dell’ambiente, della sicurezza e della salute pubblica; Violazione dei vincoli inderogabili in materia di protezione dell’ambiente e tutela della salute derivanti dall’appartenenza all’Unione Europea; Violazione dei principi di proporzionalità e adeguatezza; Violazione della Direttiva 2008/98/CE e della normativa europea in materia di rifiuti; Eccesso di potere per totale carenza di istruttoria; Eccesso di potere per falsità dei presupposti; Eccesso di potere per carenza di motivazione”.

La tempistica di realizzazione

Partiamo dalla tempistica di realizzazione. Secondo il cronoprogramma presentato dal commissario straordinario, allegato all’avviso esplorativo per la ricerca degli operatori economici interessati agli impianti, il termovalorizzatore sarà completato e messo in esercizio ad ottobre 2026. Secondo il TAR però, questo non è un elemento invalidante, dovendo la capitale affrontare un problema nel problema per la gestione dei rifiuti. Quindi potremmo ipotizzare che il maggior numero di rifiuti prodotti dall’enorme afflusso di turisti per l’anno giubilare sarà forse stoccato provvisoriamente da qualche parte, prima di essere incenerito a ottobre 2026?

Un ricorso dettato da motivazioni concrete: la presenza, a circa 800 metri dall’area in cui si costruirà il termovalorizzatore, di un complesso di edilizia residenziale pubblica in costruzione, costituito da circa mille appartamenti, che saranno serviti da opere di urbanizzazione come un nido d’infanzia, scuole materne e primarie, un centro anziani, un’area giochi per l’infanzia e altri edifici sensibili; la presenza nell’area di impianti sportivi frequentati dai residenti, oltre a una chiesa perché la stessa area è una zona residenziale che insiste a circa 1.000 metri dalla zona interessata; che la stessa zona è un’area agricola con vigneti di proprietà di una cantina vinicola.

Un’idoneità ambientatale valutata sulla base della ricognizione vincolistica e programmatica per il tramite della società Geco S.r.l. che però, affermano i ricorrenti, ha omesso la presenza dei siti sensibili. Per questo hanno presentato, all’Ordine degli Ingegneri, una procedura disciplinare urgente verso chi ha firmato la relazione in questione.

La documentazione portata dalle associazioni dei Castelli Romani

Nonostante le associazioni ricorrenti abbiano portato come documentazione integrativa le mappe satellitari dalle quali si vede chiaramente la presenza dei siti sensibili, secondo il TAR quella ambientale è una valutazione che andrà fatta in altra sede, ovvero in sede di conferenza di servizi.
Contro questo documento è stato presentato anche un secondo ricorso al TAR perché costituisce un elemento importantissimo nella concessione dell’autorizzazione alla costruzione dell’impianto brucia rifiuti: è l’unico che attesta la validità dell’area.
Un procedimento giuridico, la sentenza del TAR, che mette in luce come non si sia tenuto conto che a pochissima distanza esiste un’altra discarica, quella di Roncigliano e ben nota per i fatti che l’hanno interessata, incendio incluso, e che ha provveduto ad inquinare abbondantemente il territorio, fino alla falda acquifera sottostante.

La questione dell’acqua potabile

Un inquinamento che costringe ancora gli abitati del “Villaggio Ardeatino” a utilizzare le autobotti per avere l’acqua potabile, visto che dai rubinetti esce quella inquinata, come le zone residenziali vicine usano l’acqua in bottiglia perché senza quel tipo di servizio, ci ricordano dal Comitato UST.
Falda che già in crisi per il sovraccarico di richieste dovute a un territorio la cui cementificazione è arrivata a percentuali altissime, con una densità demografica che riporta un trend di crescita e i cui effetti sono ben visibili.

Il calo idrico registrato nei laghi dei Castelli Romani

Secondo gli esperti del Coordinamento Natura & Territorio dei Castelli Romani, che da oltre quarant’anni si battono per la difesa degli specchi lacustri infatti, il calo idrico del Lago Albano e del Lago di Nemi, sono le conseguenze di quello che succede nel sottosuolo. La falda acquifera su cui si sviluppa il territorio dei Castelli Romani, è la stessa che si estende fino al terreno su cui dovrebbe sorgere il termovalorizzatore, un impianto che per funzionare ha bisogno di enormi quantità di acqua. Una problematica certificata da Acea che l’anno scorso ha emesso un’ordinanza in cui afferma la presenza della crisi idrica “sine die” presentata dai ricorrenti insieme ai dati pluviometrici dell’ultimo decennio. Una mancanza di acqua che porta a un pescaggio sempre più basso dove la presenza di metalli pesanti è maggiore.

L’individuazione dell’area a ridosso dei Castelli Romani

Un ricorso che si oppone anche perché non si crede possibile come possa l’amministrazione aver individuato solo l’aria a ridosso dei Castelli romani, come l’unica possibile su “un territorio comunale dall’estensione di ben di 1.285 km quadrati”. Un elemento che secondo i giudici non è rilevante vista l’urgenza della realizzazione dell’impianto e che, “incombeva semmai in capo alla parte ricorrente l’onere di allegare e provare in giudizio (il vizio di eccesso di potere, ossia) che la scelta di un’altra specifica area avrebbe avuto un impatto minore. Il che non è avvenuto nella fattispecie, rimanendo così tale censura generica”.

Quindi Gualtieri, che con i super poteri concessi può andare in deroga anche alle norme europee, potrà realizzare un impianto che va ben oltre le necessità di una città, sull’ultimo cm del suo territorio, in una zona già provata dalla presenza di un’altra discarica, a poca distanza da quelli che dovrebbero essere considerati siti sensibili, in un territorio dove si coltivano da sempre vigneti, su una falda idrica in crisi e che pesca già acqua sotto il livello del mare. Anche perché, secondo quanto scritto nella sentenza, sarebbero dovuti essere i cittadini a proporre al commissario straordinario, un luogo meno impattante.

Le nuove prospettive per il Comitato Salute Ambiente Albano

La battaglia è persa nonostante la strategia sia stata quella di portare prove inconfutabili, ma la guerra, giurano dal Comitato Salute Ambiente Albano, non è finita.

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Last Updated on 24 Febbraio 2024 by Autore M

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