Lanuvio, presentato a Fahrenheit (Rai Radio 3) “Mura amiche” di Alessandro De Santis

Lanuvio, presentato a Fahrenheit (Rai Radio 3) “Mura amiche” di Alessandro De Santis

Lanuvio – Presentato ieri pomeriggio, nella trasmissione radiofonica Fahrenheit, in onda su Rai Radio 3, “Mura amiche”, libro scritto da Alessandro De Santis per Transeuropa.

Nato a Roma nel 1976, laureato in Storia Moderna e Contemporanea, Alessandro De Santis vive a Lanuvio, dove è assessore alla Cultura e alle Scuole. Ha diretto un blog letterario, Luminol, edè stato curatore ed editor dell’omonima collana di narrativa italiana breve per Edizioni Socrates.

Il suo esordio risale al 2006, con “Il cielo interrato”, seguito da “Metro C” (2013) e da “Il verso del taglio” (2015), opera, quest’ultima, inserita nel 12° Quaderno di Poesia Italiana Contemporanea, serie benemerita.

Alessandro, “Mura amiche” ha dei forti elementi tematici. Tra questi, la casa. Cosa rappresenta la casa per te?
“Il mio lavoro poetico nasce da un concetto, da un’ossessione di partenza, come si faceva una volta con i concept album musicali. L’idea di partenza è la riflessione a tutto tondo della metafisica degli oggetti, argomento che è stato di moda, per un certo periodo, anche per i testi letterari. Il titolo ‘Mura amiche’ prende le mosse dal tòpos, luogo comune, delle mura amiche che proteggono, si pensi anche al gergo sportivo. L’idea è quella della protezione, come avviene per la casa”.

In alcuni tuoi versi si legge: “Sono nude vite, mura amiche”. Sembra un riferimento alla “nuda vita” valorizzata da Giorgio Agamben, è così?
“Sicuramente è una riflessione che nutre il mio lavoro. La prima sezione, ‘Camera oscura’, introduce un po’ tutto il percorso: indica l’andamento lineare che si svolge nelle altre sezioni, spesso omaggi a testi italiani meno conosciuti, fino ad arrivare alla sezione finale, ‘Casa d’altri’, che potrebbe essere interpretata come omaggio all’omonimo testo di Silvio D’Arzo”.

In altri versi c’è un riferimento alla “pura superficie” di Guido Mazzoni, forse tra i libri più importanti usciti in Italia negli ultimi anni. Qual è il suo senso di appartenenza, partecipazione e “alleanza” nel panorama della poesia italiana contemporanea?
“La questione è abbastanza complessa. Sicuramente nel mio percorso poetico ci sono dei riferimenti fondamentali. Probabilmente quello principale è, anche se inarrivabile, ‘Tersa morte’ di Mario Benedetti, che apprezzo tantissimo. La mia collocazione, comunque, è abbastanza obliqua e trasverale: mi piace confrontarmi con i poeti che conosco meglio e con altri che ho avuto il piacere di leggere. Mi piace pensare che, al di là delle conoscenze e delle preferenze di lettura, è importante orientarsi su scritture diverse da quelle della propria comfort zone. Sicuramente Sandro Penna, Umberto Fiori e Mario Benedetto sono grandi riferimenti”.

La poesia non è mai troppo confortevole, anche se lei parla di comfort zone. Ne è un esempio la sezione Harri-Jasotze, che fa riferimento a uno sport basco che consiste nel sollevare gigantesci massi da terra. Come mai questo titolo?
“Il rimando è allo sport basco Harri-jasotzaileak, lancio di pietra. Fa riferimento alla petrosità della casa: una casa che è costruzione, struttura, anche di deperimento e di disfacimento, ma che ci parla e ci lascia qualcosa. Fare poesia a volte è anche sollevare pietre e lanciarle senza sapere se si riesce ad alzarle e a scagliarle vicino o lontano”.

C’è la sensazione che tu voglia descrivere una sorta di microfisica quotidiana: ci sono molti oggetti, molte esperienze tattili…
“Esattamente, è proprio la metafisica degli oggetti che dicevo prima. Gli oggetti diventano più che oggetti, ma dei veri personaggi, contenitori anche di memoria e di quello che noi siamo, il nostro io: noi siamo il contenitore che avvolge quello che nel corso della vita ci colpisce e ci segna. Le poesie hanno sempre un aspetto materico, ma anche uno visionario, che fa riflettere sugli oggetti e sul nostro io. W la poesia, sempre!”.

Last Updated on 6 Marzo 2021 by

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Redazione

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