“I Talenti dei Castelli”: Simone Perotti, scrittore di Frascati

“I Talenti dei Castelli”: Simone Perotti, scrittore di Frascati

Per la nostra rubrica “I talenti dei Castelli” oggi arriviamo a Frascati. L’ospite di questo mese è lo scrittore frascatano, classe ’65, Simone Perotti. La sua è una storia molto particolare: è entrato nel mondo del lavoro come free-lance dopo una laurea in lettere moderne e contemporanee e un master in comunicazione e relazioni pubbliche. Ha cominciato il suo percorso come comunicatore in un’agenzia di relazioni pubbliche per poi passare a lavoro in varie aziende italiane e multinazionali. Prima dei trent’anni è diventato dirigente occupandosi a 360 ° del comparto aziendale di comunicazione e marketing. A 41 anni ha lasciato il suo lavoro per lanciarsi in un’altra vita, meno frenetica e più vera. Ne parla in tre libri: “Adesso Basta” “Avanti Tutta” “Rapsodia mediterranea”.

Buongiorno Simone, che piacere e che onore intervistarla! Dopo aver letto il suo libro “Adesso Basta”, pubblicato nel settembre del 2010, mi sono chiesta cosa l’ha spinta a prendere questa decisione e cambiare drasticamente la sua vita? È stata una scelta graduale ponderata nel tempo o c’è stato un motivo scatenante che l’ha portata a dire “voglio riprendermi la mia vita”?
Scelta difficile, soprattutto all’epoca. Nessuno parlava di smettere di lavorare in azienda e cambiare vita. Semmai il contrario. Non si poteva confidare a nessuno questo desiderio senza essere presi per pazzi. Io però non sono ricco di famiglia, non avevo alcuna proprietà o tesoretto, dunque dovevo studiare un piano che stesse in piedi da solo. Ho pensato a questo piano per una decina di anni, e a 41 anni ho lasciato l’azienda. Vivevo a Milano all’epoca. Mi sono messo a navigare (fare corsi di vela, charter, lavare barche, di tutto) per mantenermi e soprattutto mi sono rimesso a studiare per scrivere professionalmente. Avevo già pubblicato credo 4 libri, ma la scelta l’avevo fatta proprio per poter scrivere tutto il tempo. E così, in tredici anni, ho pubblicato tredici libri. Ora vivo con i proventi dei libri, che sono poca cosa, ma consumando poco, stando attento a tutto, riciclando, aggiustando, autoproducendo, dall’energia al cibo, ce la si fa.

Si è mai pentito di questa scelta? Se avesse la possibilità di tornare indietro nel tempo la compierebbe nello stesso modo o cambierebbe qualcosa?
Uscirei dal mondo del lavoro canonico almeno cinque anni prima di quanto ho fatto. Le cose che mi terrorizzavano (“oddio senza stipendio morirò di fame!”) erano soprattutto paure. E ho imparato che le paure sono ciò che proviamo “prima” di ogni scelta, dunque per definizione sono superiori ai rischi reali a cui andiamo incontro all’atto pratico. In realtà per vivere sobriamente, fuori da ogni cultura consumista, criticando il sistema egemone sotto ogni profilo, ricostruendo una propria scala di valori e attenendosi ad essa con la costanza del monaco, i soldi necessari per vivere sono davvero pochi. E poi c’è un mondo di valori di riferimento, ambientali, umani, relazionali, di pace, di riduzione di ogni impatto sul mondo esterno, che aiutano molto. Dunque, con l’esperienza fatta dal 2008 a oggi, smetterei prima di perdere tempo in un’azienda. Oggi gli anni di “indecisione” mi mancano all’appello.

In questi anni, immagino sia entrato in contatto con diverse culture, anche grazie alla sua passione per la vela con la quale ha visitato diversi paesi, in cosa l’hanno arricchita?
In una consapevolezza importante: io sono un cittadino del Mediterraneo. Questa cosa si chiama “identità”. Quasi tutto quello che vediamo in televisione, o accanto a noi, o che viviamo sul lavoro, manifesta una certa confusione identitaria. Finite le religioni, finite le ideologie, finiti i grandi sistemi culturali e filosofici egemoni, resta solo l’uomo, che però deve avere un’identità, deve sapere di dov’è, dove sta andando, perché. Il Mediterraneo che ho visitato (sei anni a vela, 24 paesi, 20.000 miglia, con Progetto Mediterranea) mi hanno aiutato non tanto a conoscere il mio mondo, anche, ma soprattutto a conoscere me, gli angoli dove ero sparso, dove potevo incontrarmi di nuovo. Io sono quello che ho sentito, visto, conosciuto in quel lungo viaggio. Un cittadino del Mediterraneo, incidentalmente di lingua italiana.

Quale consiglio darebbe ai giovani di oggi che si stanno approcciando per la prima volta nel mondo del lavoro?
Di stare attenti. Prima viene l’uomo, la sua visione, il suo mondo, i suoi valori, la sua rotta desiderata, e poi viene lo strumento del lavoro, che non deve essere un fine, appunto. In futuro nel lavoro ci sarà spazio solo per persone appassionate autenticamente, motivate da un fuoco interno, che fanno ciò che amano davvero, dunque mettono tutto quello che hanno, autenticamente. Meglio un ragazzo appassionato che fa un lavoro incerto di un ragazzo spaesato e incerto che fa un lavoro sicuro. Dunque, per prepararsi alla vita, come al lavoro, serve farsi domande importanti, il prima possibile: chi sono, cosa sento dentro, come posso trovare il mio equilibrio, cosa mi scalda il cuore, dove e quando sto davvero bene? Chi si fa queste domande ha speranza di una vita autentica. Decadenza è la progressiva diminuzione delle domande. Una domanda vera, scomoda, profonda, ci può salvare. Quasi tutto quello che sentono e vedono i giovani oggi, come pensiero generale, come scale di valori, è sbagliato. Nel mio ultimo romanzo “I Momenti Buoni” faccio proprio l’affresco di come un ragazzino possa crescere senza perdersi in questo mondo storto.

Flavia Arcangeli

Last Updated on 15 Marzo 2021 by

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