Celebriamo il 5 maggio, con Alessandro Lentini

Celebriamo il 5 maggio, con Alessandro Lentini
Casa del Tempo, Servizi per la terza età

Oggi 5 maggio non possiamo non celebrare il capolavoro di genio italiano, Alessandro Manzoni.
Abbiamo chiesto ad Alessandro Lentini, poeta autodidatta che abbiamo incontrato recentemente, in occasione della pubblicazione della sua raccolta, L@ Mer, dove si è raccontato al nostro giornale.

“Personalmente penso che il 5 maggio di Alessandro Manzoni non dovrebbe mai rimanere uno studio scolastico, luogo nel quale spesso diventa un compito arduo dover imparare e capire la sintesi di una delle epoche storiche più importanti: l’era napoleonica.
Un’ode, che oggi sarebbe più familiarmente chiamato tributo: il 5 maggio di Alessandro Manzoni è questo, un tributo alla vita e alle conquiste di Napoleone Bonaparte.
Alla sua morte il Manzoni si lascia andare a qualcosa che non aveva mai fatto (Lui folgorante in solio, Vide il mio genio e tacque), mettere in poesia le vicende e la vita del generale e Imperatore. Lo fa dandogli subito estrema importanza senza usare il nome (Ei) perché tanto importante da rendere evidente subito di chi si parla.
Manzoni rende omaggio con lo stupore e il silenzio di chiunque abbia saputo della sua dipartita, incapaci di dire se mai arriverà qualcuno della sua stessa “grandezza”.
Il racconto delle gesta di Napoleone poi lascia spazio ai sentimenti che il generale ha provato nella sua vita da condottiero, in un alternarsi di glorie e cadute (Tutto ei provò: la gloria Maggior dopo il periglio,cLa fuga e la vittoria, La reggia e il tristo esiglio: Due volte nella polvere, Due volte sull’altar).
Infine il Manzoni lascia campo libero al poeta, immaginando gli ultimi, stanchi, malinconici anni di Napoleone in prigionia, assalito dai ricordi, dall’ozio, vittima lui stesso di ciò che era stato. Fino all’arrivo di Dio che lo ha guidato negli ultimi istanti, verso la sua fine serena, lontano dall’inutile gloria terrena”.

Il Cinque Maggio

Ei fu. Siccome immobile,
       dato il mortal sospiro,
       stette la spoglia immemore
       orba di tanto spiro,
5        così percossa, attonita
       la terra al nunzio sta,
       muta pensando all’ultima
       ora dell’uom fatale;
       né sa quando una simile
10        orma di piè mortale
       la sua cruenta polvere
       a calpestar verrà.
       Lui folgorante in solio
       vide il mio genio e tacque;
15        quando, con vece assidua,
       cadde, risorse e giacque,
       di mille voci al sonito
       mista la sua non ha:
       vergin di servo encomio
20        e di codardo oltraggio,
       sorge or commosso al subito
       sparir di tanto raggio;
       e scioglie all’urna un cantico
       che forse non morrà.
25        Dall’Alpi alle Piramidi,
       dal Manzanarre al Reno,
       di quel securo il fulmine
       tenea dietro al baleno;
       scoppiò da Scilla al Tanai,
30        dall’uno all’altro mar.
       Fu vera gloria? Ai posteri
       l’ardua sentenza: nui
       chiniam la fronte al Massimo
       Fattor, che volle in lui
35        del creator suo spirito
       più vasta orma stampar.
       La procellosa e trepida
       gioia d’un gran disegno,
       l’ansia d’un cor che indocile
40        serve pensando al regno;
       e il giunge, e tiene un premio
       ch’era follia sperar;
       tutto ei provò: la gloria
       maggior dopo il periglio,
45        la fuga e la vittoria,
       la reggia e il tristo esiglio;
       due volte nella polvere,
       due volte sull’altar.
       Ei si nomò: due secoli,
50        l’un contro l’altro armato,
       sommessi a lui si volsero,
       come aspettando il fato;
       ei fe’ silenzio, ed arbitro
       s’assise in mezzo a lor.
55        E sparve, e i dì nell’ozio
       chiuse in sì breve sponda,
       segno d’immensa invidia
       e di pietà profonda,
       d’inestinguibil odio
60        e d’indomato amor.
       Come sul capo al naufrago
       l’onda s’avvolve e pesa,
       l’onda su cui del misero,
       alta pur dianzi e tesa,
65        scorrea la vista a scernere
       prode remote invan;
       tal su quell’alma il cumulo
       delle memorie scese!
       Oh quante volte ai posteri
70        narrar sé stesso imprese,
       e sull’eterne pagine
       cadde la stanca man!
       Oh quante volte, al tacito
       morir d’un giorno inerte,
75        chinati i rai fulminei,
       le braccia al sen conserte,
       stette, e dei dì che furono
       l’assalse il sovvenir!
       E ripensò le mobili
80        tende, e i percossi valli,
       e il lampo de’ manipoli,
       e l’onda dei cavalli,
       e il concitato imperio,
       e il celere ubbidir.
85        Ahi! Forse a tanto strazio
       cadde lo spirto anelo,
       e disperò; ma valida
       venne una man dal cielo
       e in più spirabil aere
90        pietosa il trasportò;
       e l’avviò, pei floridi
       sentier della speranza,
       ai campi eterni, al premio
       che i desideri avanza,
95        dov’è silenzio e tenebre
       la gloria che passò.
       Bella Immortal! benefica
       Fede ai trionfi avvezza!
       scrivi ancor questo, allegrati;
100        ché più superba altezza
       al disonor del Golgota
       giammai non si chinò.
       Tu dalle stanche ceneri
       sperdi ogni ria parola:
105        il Dio che atterra e suscita,
       che affanna e che consola,
       sulla deserta coltrice
       accanto a lui posò.

Emanuele Scigliuzzo

Last Updated on 16 Aprile 2021 by

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