A Natale regaliamo un libro: “Chiuso il cerchio”, di Miriam Giobbi

A Natale regaliamo un libro: “Chiuso il cerchio”, di Miriam Giobbi

Perché regalare un libro a Natale?
Perché i libri sono un regalo personale, trasmettono un messaggio, un’emozione.
Un libro è sempre l’invito a un viaggio interiore, si respira l’odore della carta, si ascolta il tenue rumore delle pagine sfogliate, ci si lascia trasportare dalle parole e le parole portano lontano.
Un libro può curare molte ferite: attenua l’ansia, allevia lo stress, aiuta a cicatrizzare le piaghe dell’anima, è un argine al male di vivere!

Vi segnaliamo il romanzo “Chiuso il cerchio” di Miriam Giobbi, scrittrice di Albano Laziale, fondatrice dell’associazione culturale Amici di Cecchina, al suo primo romanzo, un genere tra giallo e storico.

Edizioni Controluce, costo € 12.00 e disponibile presso Libreria Caracuzzo (Albano Laziale) e The Book (Genzano di Roma).

Prefazione di Aldo Onorati
Non è facile scrivere una prefazione a un libro denso di trame, di suspense, perché quando i fatti concatenati formano il sostrato profondo del racconto, non possono essere disvelati.
Dico solo, per iniziare un breve discorso, che l’autrice ha saputo intessere e inserire nelle situazioni dei personaggi vivi, in una sorta di fiction che pare storia vera, vissuta.

Il tessuto narrativo è agile, scorrevole, con atmosfere che prendono a viva forza il lettore per condurlo fino al termine di un percorso che si apre con una scoperta sconcertante: il ritrovamento di uno scheletro in un momento dei lavori di ristrutturazione di un appartamento in un paese del nostro territorio castellano.

Come vedete, l’impostazione è a tematica poliziesca, poiché appunto il commissario di polizia rinviene, in quei resti, qualcosa che appartiene alle sue memorie risalenti agli anni sessanta.
Più oltre non voglio – e non posso – dire: il fruitore deve entrare da sé nei corridoi della storia, la quale è avvincente, soprattutto umana nel senso di una passione da parte dell’autrice di partecipare alle commozioni dei suoi personaggi, fra i quali segnaleremo la riuscitissima Rita: in lei vincerà il cuore rispetto alla fede politica.

Passato e futuro si danno la mano nella speranza: ecco uno dei segreti della riuscita di questo breve romanzo, dove la scrittrice ha messo a punto una sapienza di vedute che confluiscono nei drammi umani e nelle contraddizioni (a volte salvifiche) del Caso che si intromette negli avvenimenti quotidiani e in quelli a lunga gettata.

Le memorie della tragedia che tutti ci ha coinvolti (almeno quelli della mia età) e una sorta di sublimazione che chiude il fluire dei fatti, danno un timbro inconfondibile alle pagine, che talvolta si elevano a un’atmosfera di immediata simpatia con il lettore.
Anche io, da lettore, appunto, ho sentito questo fascino.

Trama
Il ritrovamento di uno scheletro, durante i lavori di ristrutturazione di una casa in un paese dei Castelli Romani, sconvolge la vita del commissario di polizia del luogo che riconosce in quelle ossa il suo amico scomparso negli anni sessanta, lasciando la sua ragazza incinta e la donna che lo aveva cresciuto in una straziante angoscia.
Le indagini, a distanza di più di cinquant’anni, non danno molti risultati: il ragazzo ucciso era un ebreo, salvato da bambino da Rita, una fascista impegnata nel carcere romano di via Tasso dove aveva visto morire,torturata e stuprata, la madre del piccolo.
Proteggere quel bambino, per la ragazza, era diventata una ragione di vita, un modo per riscattarsi. Erano vissuti per mesi seminascosti, in casa di parenti, fino a scoprire il marciume.
L’incontro con una famiglia sfollata dai Castelli, dopo un bombardamento, le fa conoscere l’accoglienza, l’altruismo e la grande amicizia che la porterà a seguirla dopo la guerra, al rientro nel paese.

Rita diventerà parte di una di quella famiglie allargate del dopoguerra unite nel dolore del passato e nella speranza per il futuro.
La sua vita tranquilla viene sconvolta quando uno degli aguzzini di via Tasso la cercherà per ricattarla. La scomparsa del ragazzo fa pensare a un allontanamento volontario, dopo la delazione del torturatore, ma non è così: il ragazzo non è scappato, è stato ucciso dall’assassino di sua madre durante una furiosa lite in cui gli è stato svelato il passato.
Il ricatto prosegue: denaro per far conoscere il luogo dove il corpo è stato nascosto. L’uccisione del ricattatore, sarà una sorta di giustizialismo operato dal gruppo familiare e fatto passare per suicidio.

Last Updated on 11 Aprile 2021 by

Redazione

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