Studio Giorgi: mediazioni civili e commerciali

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Un posto di indubbio rilievo conquista, non con poca fatica, il tentativo di conciliazione stragiudiziale, fra gli strumenti di risoluzione delle controversie alternative alla giurisdizione, al quale il legislatore ha sovente fatto istanza, ponendolo, per alcune controversie, come setaccio pregiudiziale a pena di improcedibilità per l’accesso alla giustizia ordinaria.

Si colloca qui il tentativo di conciliazione preliminare, da esperire, a cura del ricorrente, prima di dare impulso e quindi di intraprendere una causa.

Per di più, una controversia sorta può costituire una minaccia alla prosecuzione di un rapporto, scaturendo la fine anticipata del rapporto stesso con elevati strascichi negative sulle persone interessate nel conflitto.

L’interpretazione dell’art. 5 del d.lgs. 28 del 2010 potrebbe dirsi correttamente operata riconoscendo natura di condizione di procedibilità, esclusivamente, all’astratta possibilità concessa alle parti dal giudice (non oltre la prima udienza) di cominciare il procedimento di mediazione.

Se entrambe le parti lo richiedono, il procedimento di conciliazione, ove non sia raggiunto l’accordo, si conclude con una proposta del conciliatore rispetto alla quale ciascuna delle parti, se la conciliazione non ha luogo, indica la propria definitiva posizione ovvero le condizioni alle quali è disposta a conciliare.

Di tali posizioni il conciliatore dà atto in apposito verbale di fallita conciliazione, del quale viene rilasciata copia alle parti che la richiedano. Il conciliatore dà altresì atto, con apposito verbale, della mancata adesione di una parte all’esperimento del tentativo di conciliazione.

Dal momento della comunicazione alle altre parti con mezzo idoneo a dimostrare l’avvenuta ricezione, l’istanza di conciliazione proposta agli organismi istituiti a norma dell’articolo 38 produce sulla prescrizione i medesimi effetti della domanda giudiziale.

La decadenza è impedita, ma se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza decorrente dal deposito del verbale di cui al comma 2 presso la segreteria dell’organismo di conciliazione.

La mancata comparizione di una delle parti e le posizioni assunte dinanzi al conciliatore sono valutate dal giudice nell’eventuale successivo giudizio ai fini della decisione sulle spese processuali, anche ai sensi dell’articolo 96 del codice di procedura civile.

Il giudice, valutando comparativamente le posizioni assunte dalle parti e il contenuto della sentenza che definisce il processo dinanzi a lui, può escludere, in tutto o in parte, la ripetizione delle spese sostenute dal vincitore che ha rifiutato la conciliazione, e può anche condannarlo, in tutto o in parte, al rimborso delle spese sostenute dal soccombente.

Nel verbale conclusivo del procedimento debbono essere indicati gli estremi dell’iscrizione dell’organismo di conciliazione nel registro di cui all’articolo 38. Se la conciliazione riesce è redatto separato processo verbale, sottoscritto dalle parti e dal mediatore.

Il verbale, previo accertamento della regolarità formale, è omologato con decreto del presidente del tribunale nel cui circondario ha sede l’organismo di conciliazione, e costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, per l’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.

Dott. Remo Giorgi

Last Updated on 26 Marzo 2021 by

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Redazione 2

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